SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Luigi Romolo Carrino [10]

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’ di 20 scrittori italiani
(rubrica settimanale a cura di M.P. Ciancio – X appuntamento)

Scrivere è un atto solitario, intimo e privato. Ci vuoi raccontare che senso ha per te la parola scritta e come vivi il rapporto della scrittura con il mondo esterno?

Questa settimana è con noi lo scrittore Luigi Romolo Carrino:

(La funzione della scrittura)

Nessuno di noi è vissuto – vive Mia Amore – senza avere pianto almeno una volta – senza piangere.
Eppure quante altre volte l’amarore – da difendere a ogni costo – rovina la tenerezza che ci resta.
Chi lo diceva? Voltaire?

Tu mi senti. Tu mi senti? Impossibile, lo so. Siamo così lontani. Siamo dimenticàti.

Passò quel tempo, un tempo di fiume. Passa del tempo, anche adesso.

Stasera è come un’altra sera. Come un’altra ancora. Come quella sera che mi dicesti… cosa mi dicesti? Non me lo ricordo più. Qualcosa di cattivo, di niente, parole in fila che dicevi alla mia mano, in fila come perline per collane a buon mercato.
O forse non era cattivo quello che dicevi ma solo vero, per una dannata volta era vero. Per una maledettissima volta era vero, quello che mi dicevi.

Da un anno e più. Forse due. Anzi no: sono più di dieci anni. Sono trent’anni.

Io qui.
E tu? Dove sei stata? Tutto questo tempo con me, tutto questo tempo così lontana, non mi hai amato, mi hai amato, mi hai necessariamente odiato, sufficientemente distanziato.

Mi domando, la tua funzione, ma qual è? Esiste un modo per definirsi/risolversi ‘arte’?, mentre lì a 350 km nordovest c’è l’indifferenza. O l’inganno. O la leggerezza dentro a un bar, con una magliettina aderente e quarant’anni per fingere un’adolescenza eterna. E/O quel ‘Passo’?, da attraversare ora che la neve si è sciolta, ed più facile arrivare, valicare, superare…

A cosa serve/manca scrivere?

Ci sono cose che presuntuosamente pensiamo siano importanti, talmente importanti che occorre comunicarle ad Altri. Perché? Perché si finisce sempre per credere? Perché questa fame anoressica di te, Mia Amore? Perché, l’Amore? Scrivere di te. Questo faccio. E allora di che ‘scrittura’ si parla? Di che che cosa parli amore mio?

Ho finito le sigarette. Dovrei muovere il culo da questa cazzo di sedia, prendere la giacca che sebbene sia primavera il lungomare non lo sa (pare ottobre, sai?), e andare all’automatico che sta di fronte al mare.

Quella sera… Che mi dicesti quella sera? Che non volevi stare più con me.
E cosa c’è di così originale in questo? Tanto originale da scrivere dieci, dodici anni, diciassette anni? Tutti questi anni.

Alla latitudine di casa, dentro il cubo-televisore, ci sono fedeli che piangono la morte di un Unico Caro.
Ma la fede – mi chiedo – quanto ci costa? Quale il prezzo?
La misura della perdita, questo c’è da pagare. Il lutto con cui convivere per sempre, il lutto più grande.

Tu non ci sei più. Ci sei sempre stata. Ci sarai. Ma quanto tempo è passato? E’ importante?
Saperlo, dico. Tanto questo non mi cambia, non ci cambia e mi resti in me, soltanto in me.

Ci siamo perdonati il sapore delle nostre bocche?
Qualche volta, in sogno, riesco a sentirlo il tuo fiato.
E sorrido, e spero che venga ancora un’altra notte e un altro sogno…

Immagino tu sia Morta Mia Amore. Da qualche parte mi sono morto anch’io, anni fa. Ma siamo qui, è un lutto del bene l’amore che provo per te, quello che mi esci dalla mano.

Niente di irreparabile, mi dicono. Sarà così, senz’altro.

Non c’è un solo giorno – mia Amore – che io non abbia pensato a te (Dickinson lo diceva a Susan, sai?). Non c’è un solo momento di questa vita, del mio sonno, che io non pensi alla mia sopravvivenza, al mio superamento. Mi invento milioni di modi per non pensarci, per andare oltre, per continuare… Ma non riesco a dire nemmeno aiuto. C’è qualcosa di malato in questo, mi dicono. Di pazzo, di folle, di ossessivo…
Non so chi ha detto che il tempo lenisce tutte le ferite, tutte le parole che ti ho dato. Vero. Ma solo per chi non sa la marcia della carne verso il patibolo dell’anima. “Semmai un dolore passasse vorrebbe dire che non c’è stato vero dolore”. Lo diceva Pavese. Io ci credo, al suo ‘mestiere’. Sapeva ciò che diceva.
Io non so – Mia Dolore – ché morire. Lo capisci?
Alla fine di tutto, riuscirò ad accettarlo, che è di te che morirò.

[novembre 2008]

NOTE
Luigi Romolo Carrino nasce nel ‘68 a Napoli. Vive a Roma dal 1997. Laureato in Informatica, è specializzato in Problem Solving e Ingegneria del Software, e lavora tra Roma e Milano.
Scrittore, poeta e performer.
Scrive per il teatro (Ricordo di famiglia, Insegnando il silenzio alle rose) e scrive poesia (Il settimo senso, Il laboratorio Le Edizioni, Nola 1998; TempoSanto – Liturgia della memoria, Liberodiscrivere, Genova 2006).
Numerosi suoi racconti sono presenti in raccolte di editori vari; due racconti sono in Men on Men 5 (Mondadori, 2006). Ha curato raccolte antologiche di racconti per l’editore Liberodiscrivere. Attualmente, per lo stesso editore, dirige la collana di poesia Libero di stile. Per Magnum-Edizioni dirige la collana di narrativa Psyco.
E’ uscito in gennaio 2008, per i tipi di Meridiano Zero, il romanzo Acqua Storta.
Rintracciabile su artianoressiche.splinder.com

(foto in alto, Luigi Romolo Carrino)

14 risposte a “SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Luigi Romolo Carrino [10]

  1. luigi romolo non solo ha penna sensibile e raffinata ma possiede contenuti di raro spessore umano e sono stato onorato dalla sua partecipazione alla follia legata al progetto ex libris e tra gli aderenti della prima ora.. con vera stima
    roberto

    "Mi piace"

  2. Quello che piace a me della scrittura di Luigi R.C. credo sia innanzi tutto la versatilità nella forma, il non essere affatto ancorato a una struttura chiusa. Poi il lavoro che fa sul linguaggio: denso, controllato, ma sempre in evoluzione. E ancora, l’attenzione a ciò che lo circonda, la volontà di dialogare con il suo tempo. Ultimo, ma non meno importante, questa bellissima ‘fragilità’ che mostra, quella dell’emozione, del sentire aperto, che diventa la sua forza più grande e dirompente.

    "Mi piace"

  3. la scrittura come vocazione, fedeltà al dolore, il lato dark di una missione che si colora di poetica crepuscolare con tutta la sincerità del “core” infranto, della passione che fagocita e (s)perde, paradossalmente l’altro lato della medaglia dell’intervista di Lucianna…un saluto affettuoso a L.R. e uno identico all’Argentino..V.

    "Mi piace"

  4. A voler fare un salto all’indietro di cent’anni, alla ricerca di paragoni e assonanze, potremmo azzardare allora di trovarci, con Luigi Romolo Carrino, tra crespuscolarismo e scapigliatura. Ma bisogna almeno aggiugere che il tutto si colora di una luce e uno stile particolari (lui uomo del nostro sud, crepuscolari e scapigliati tutta o quasi gente del nord). Mi piace molto anche la sintesi ‘contenutistica’ di Viola: fedeltà al dolore, altro lato della visione di Lucianna.
    Un saluto affettuoso
    Antonio

    "Mi piace"

  5. Ho trovato fin da subito originale e bello questo “monologo-dialogante” di LR, aperto a tante verità celate e contraddittorie sulla scrittura, perchè dentro la scrittura c’è veramente tutto. Quel tutto che la rende vicina e appartenente alla voce di un(a)amante amato/a, passione conflittuale e viva -fede- seppure nel lutto. Eppure E’ un lutto del bene l’amore che provo per te quello che mi esci dalla mano.

    "Mi piace"

  6. Grazie, grazie davvero a tutti. Questo pezzo l’ho scritto la notte successiva alla morte di papa Giovanni Paolo.
    Sono affascinato dalla fede, sebbene io spiritualizzi il mio tempo nel dogma che è solo mio, o quanto meno, un dogma non condiviso da molti. Tutta quella devozione mi ha intenerito, mi ha fatto desiderare di avere anch’io una fede. E poi ho pensato che la mia Fede, la mi a più innocente e terribile, è la scrittura.
    E qui la Scrittura, l’amante focosa e terribile del mio tempo, che è una risposta precisa alla mia inadeguatezza, è alla ricerca della Domanda che l’ha generata (che la genera).
    Crepuscolare, sì. Scapigliato un po’ meno. Uomo del sud, quindi con tutte le intemperanze del sud. E sono fedele al mio dolore (un piccolo dolore, una cosa di poco conto), perché è la prova sfatta e semplice, immediata, di quello che sono, di quello che sono diventato.
    Ho un piede rotto stanotte (porca miseria se fa male ;). Ne avrò per un bel po’ di giorni. C’è chi mi dice che è una fortuna, che finalmente posso avere tempo per finire il tuning al mio secondo romanzo. In realtà, scrivo, scrivo come un dannato, e so che butterò tutto o quasi perché in fondo, quello che è veramente importante, è questo demone dalle ali d’oro che mi fa da mamma.

    un abbraccio forte a tutti, e scusate lo sproloquio.
    gino

    "Mi piace"

  7. Bè anche strappare e buttare via è un atto creativo… un fare spazio ad altro in cui più nitido è il dire,
    Mi auguro quindi che all’immobilità forzata del corpo corrispondano felici scorribande della penna.
    E’ vero sembriamo due facce della stessa medaglia e Luigi me lo conferma con questo suo ultimo intervento e anche nella sua bella prosa là dove la scrittura è chiamata Amore e poi Dolore (detto per inciso non ho mai creduto alla favola del tempo che lenisce il dolore).
    La scrittura è sì un atto d’amore, un fatto spirituale che si porta dietro lembi di carne.
    Contraccambio il caro saluto di Viola a cui aggiungo un altrettanto caro saluto a Luigi e a Maria Pina. Lucianna

    "Mi piace"

  8. Incantevole e così profondamente vero questo legame che unisce indissolubilmente scrittura-amore-sofferenza. C’è chi scrive a mente lucida, con l’accuratezza e la precisione di un chirurgo. C’è poi chi scrive da ‘dentro’, da un fuoco che si sprigiona in un punto nascosto fra stomaco-cuore-anima e allora, solo allora questo fuoco divampa creando una scrittura dirompente, terribilmente potente, magica, ma anche segnata, necessariamente, dalla sofferenza. E’ un processo creativo travolgente e allo stesso tempo doloroso, qualcosa che si intravvede spesso nella scrittura di Gino. Sofferenza che la scrittura genera ma che allo stesso tempo è capace di lenire. Qui la funzione sacra della parola scritta. Qui la sua vera essenza. Carrino non poteva descriverla con parole migliori.
    Daniela

    "Mi piace"

Lascia un commento