SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Bianca Madeccia [11]

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’ di 20 scrittori italiani
(rubrica settimanale a cura di M.P. Ciancio – XI appuntamento)

biancamadeccia

Scrivere è un atto solitario, intimo e privato. Ci vuoi raccontare che senso ha per te la parola scritta e come vivi il rapporto della scrittura con l’altro e con il mondo esterno?

Bianca Madeccia partecipa questa settimana al dibattito sulla scrittura, con il seguente intervento:

“La donna in blu alla finestra guardava e dava nomi/Ai coralli del sanguinello, freddi e chiari,/Freddi, freddamente tracciati, reali,/Chiari, e non fosse per l’occhio, inviolati”. (Wallace Stevens)

Amo la sabbia e le pietre. Sono una camminatrice. Passeggiare a lungo, per me, è pratica meditativa silenziosa che mi dispone a comprendere le mutazioni delle forme di vita che mi circondano.

Il camminare, attività che spesso si pratica in solitudine, mi ha aiutato a sviluppare una buona capacità di decifrazione delle forze che scolpiscono il mondo.

Subisco molto il fascino del lavoro che da sempre va tracciando sulla terra la Natura, artista grandiosa e paziente.

La più importante lezione che s’impara dal paesaggio è quella della metamorfosi. E’ la superficie esterna, l’ambiente circostante a cambiare, ciò che essenziale, in realtà, muta molto lentamente.

Durante le mie passeggiate, osservo molto le rocce. Quello che da sempre mi attrae magneticamente delle pietre, spesso, dipende da imperfezioni, da strane alterazioni, dovute, ad esempio, all’influsso di depositi metallici, oppure dalla forma acquisita per effetto dell’erosione, o, della presenza di una felice spaccatura.

Di un sasso può attirarmi la curva semplice, non lavorata, appena incisa o abbozzata, oppure, un calco imprevedibile, o il risultato di qualche insolita forma d’erosione, o, ancora, una forma perfettamente sferica, o una vena armoniosa che l’attraversa.

Oppure, cerco di spostarmi per pochi attimi con la mente all’interno della roccia, tra i cespugli aghiformi e le cascate di geodi, tra lastre levigate, e schegge argentate di cristalli, tra masse poligonali e nuvole puntiformi, proprio al centro di quella che io amo definire “la Biblioteca dell’archivio della genesi del mondo”.

In casa ho molte composizioni di pietre comuni che raccolgo e classifico in base alla bellezza, al colore, alla forma e che metto a riposare in contenitori differenti. In questa fase ogni sasso, grazie a una serie di proprietà che possiede e che io gli attribuisco, diventa unità semantica di base, sintagma portatore di un suo significato. In un secondo momento, proprio come se fossero lettere di un alfabeto (per me lo sono) provo a comporre catene sintatiche, frasi, forme. Tutto è importante, il singolo frammento e l’insieme della composizione.

E qui siamo arrivati al nervo vivo dei miei processi creativi: dentro di me esiste da sempre una spinta forte a creare forme e alfabeti ad alto contenuto emotivo.

Credo che la pietra, con la sue eternamente differenti trame interne, con i suoi difficili e splendidi rigori strutturali, con la sua apparente compattezza che da sempre è teatro di una lotta tra forze e forme antagoniste, con le sue lacerazioni irreparabili, non sia poi così lontano dall’immagine che mi sono fatta del cuore umano e dei suoi processi poetici.

[ottobre 2008]

NOTA
Bianca Madeccia, giornalista, dal 1990 al 2002 è stata redattrice di “Avvenimenti” dove, tra le altre cose, è stata responsabile dell’inserto letterario “Avvenimentilibri”. E’ autrice della raccolta poetica “L’acqua e la pietra” (Lietocolle, 2007).
Tra le sue pubblicazioni, il primo “Dizionario sessuato della lingua italiana” (Elettra Deiana, Bianca Madeccia, Marcella Mariani, Silverio Novelli e Edgardo Pellegrini ed. LIE, 1994).
Suoi poemi visuali sono stati esposti nel 2006 e 2008 alla Biennale di Londra.

(foto in alto, Bianca Madeccia)

15 risposte a “SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Bianca Madeccia [11]

  1. Davvero prezioso questo cammino di scrittura e pietra. Lo scambio di “fragilità” umana nell’osservazione attenta del tempo sulla roccia/pietra mi porta ad apprezzare, come dal vivo, le cose indicate nel viaggio da questa autrice. La scrittura è qui uno scolpire silenzioso che affascina in modo vero. Grazie!

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  2. bianca è unica e speciale: il suo testo l’acqua e la pietra è esemplare per disciplina ideativa e poesia immaginifica, con stima profonda sono stato omnorato da sua partecipazione a ex libris (tra le prime ad aderire) e da mostra congiunta a lecce..
    roberto

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  3. Pingback: Paesaggi interiori. Venti scrittori italiani si raccontano su LucaniArt « Epitaffi·

  4. molto interessante questa metafora di Bianca sull’archeologia della scrittura, anche perchè storicizza e restituisce naturalezza e anima a un processo che spesso in questa nostra era del PC e del post-moderno, si perde di vista o si dà per scontato.

    posso aggiungere che spesso è in quel camminare a piedi, che la parola si dispiega e si distende, prende forma e si modella, come ad adattarsi o ad armoizzarsi al tutto (pietre, sassi, ma anche radici e tronchi. sabbia e argilla).

    grazie Bianca della partecipzine e del contributo.

    un saluto carissimo Mapi

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  5. La mia potrebbe sembrare una battuta, ma non lo è. “Le parole sono pietre” è la prima cosa che mi viene in mente alla lettura di questo post. E il legame, apparentemente sottilissimo, tra parola scritta e pietra, diviene meno sottile se ci soffermiamo a pensare al fatto che i nostri antenati, hanno lasciato segni sulla roccia (in forma di graffiti) ed hanno inciso parole sulle pietre (lapidi, obelischi ecc.).
    Per concludere questo mio intervento, trovo l’accostamento tra passeggiate, perlustrazioni di sassi e pietre e scrittura un accostamento di una profondità poetica strabiliante.

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  6. Ritrovo con piacere Bianca, dopo averne apprezzato la poesia in viva voce in quel di Oboesommerso, pochi giorni fa.

    Qui leggo d’un alfabeto di sassi, di una polisemia della pietra. Bianca Madeccia affronta come un’alchimista le forze e le forme antagoniste, le scruta, le indaga. La sua poesia è lucida e decifrante, ma anche emotiva, imprevedibile.

    Un caro saluto
    Antonio

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  7. Ossequi alla Signora dell’Arte Madeccia.

    Partitura – venatura, anche – della pietra. La pietra è stata utilizzata, sin dall’inizio dei tempi ‘civili’, per fabbricare utensili e armi. Importante, genera significati, questo tuo modo di avvicinarti/utilizzare la pietra-scrittura.

    un abbraccio. gigio

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  8. Bianca cerca di entrare con questo testo alla radice prima che ha generato il suo bellissimo libro. Una ricerca sapiente dell’animo umano, pazientissima e acuta osservazione di ciò che ci circonda e che prende vita sotto la sua penna. Resto colpita dall’ultima tua osservazione, Bianca, anche se credo di condividerla.
    Un abbraccio e un caro saluto a tutti,
    daniela

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  9. la scrittura come ricerca *fisica* e *metafisica*, che parte dal concreto per scavare e tentare di arrivare al nucleo fondante della natura; la poesia come auto-riflessione, scandaglio paradigmatico per l’autrice ma anche per i lettori.Queste mi sembrano le ragioni – per come le espliciti – dell tua poesia nel suo rapporto con il mondo, solitario ma tenace, un forte abbraccio, Bianca, V.

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  10. bellissimo questo bianco e nero. mi ricorda una posa della Magnani.
    bello questo passaggio interiore.
    camminare o correre è “sono pratiche medititative e silenziose ” che condivido e pratico molto. e la scrittura di Bianca si muove tra le maglie di una mente “pensante”, filosofica.
    grazie Bianca, per la tua amicizia, trasparenza e profondità…
    roberto

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  11. Le parole hanno un peso specifico, proprio come gli elementi chimici, le parole possono uccidere, proprio come le pietre. E le parole nascono dal caos, ma «La poesia – suggeriva Italo Calvino nelle “Lezioni americane”, – è la grande nemica del caso, pur essendo anch’essa figlia del caso e sapendo che il Caso, in ultima istanza, avrà partita vinta».

    E’ bello essere letti con tanta attenzione. Ringrazio ognuno di voi per aver colto un differente aspetto di questo scritto. Ho parlato di pietre perché per me le parole, in un certo qual senso, lo sono. Ogni parola come la pietra, vive un suo spazio naturale: lo spazio delle cose, singole e determinate, che vivono in forma di cose umili, contingenti e asimmetriche e la parola è ciò che serve a «render conto della varietà infinita di queste forme irregolari e minutamente complicate» (ancora Italo Calvino) che sono gli esseri umani.

    Grazie a Maria Pina Ciancio e a tutti voi per lo sguardo che avete voluto regalare a queste parole-come-pietre.
    Bianca

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  12. E’ vero Bianca, riprendo dal tuo ultimo intervento, le parole sono addirittura in grado di modificare fisicamente il cervello, Qunando parliamo con qualcuno gli provochiao un ribollio biochimico tra le cellule con la conseguenza di stimolare lo sviluppo di rametti, sinapsi, collegamenti. Il cervello dopo queste modificazioni non è più lo stesso, le cellule nervose infatti dopo un apprendimento reagiscono diversamente a uno stimolo. A sottolineare pure quanto sono importanti gli scambi umani e culturali come quelli che avvenggono qui. Ho trovato molto interssante il tuo discorso sul camminare che sembra quasi un pellegrinaggio nei luoghi interiori e nel mondo in un reciproco rispecchiamento.
    Un abbraccio, Lucianna

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  13. Ciao Lucianna, sì, vero. Le parole si lasciano dietro tracce, solchi di emozioni in negativo e in positivo. Anche le parole mancate, quelle mai dette, quelle mai giunte all’appuntamento hanno un peso e lasciano una traccia di sé. figuriamoci quelle che verranno scelte tra migliaia di altre, pesate, ‘sentite’ e messe su carta.
    Vero anche che il camminare solitario può essere inteso come pellegrinaggio, ex-cursus esteriore e interiore. Un caro saluto, Bianca

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  14. Cara Bianca, leggo solo ora il tuo intervento. Mi sono lasciato andare ai passi, camminando con te attraverso le parole, quelle che sedimentano in poesia, come i tuoi sassi… belle immagini, significative per capire il nostro rapporto con le cose e l’importanza della poesia nel rapportarci ad esse.
    un saluto caro Domenico Cipriano

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