SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Marco Giovenale [14]

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’ di 20 scrittori italiani
(rubrica settimanale a cura di M.P. Ciancio – XIV appuntamento)

marco-giovenale

Scrivere è un atto solitario, intimo e privato. Ci vuoi raccontare che significato ha per te la ‘parola scritta’ e come vivi il rapporto della scrittura con l’altro e il mondo esterno?

LucaniArt propone questa settimana l’intervento di Marco Giovenale:

In parte alcuni frammenti – anche consistenti – di una possibile risposta a questa domanda sono rintracciabili in un’intervista recente, leggibile qui:
http://miolive.wordpress.com/2008/09/29/luca-ariano-intervista-marco-giovenale

Aggiungo che la “parola scritta” ha – a mio modo di vedere – sempre un valore sicuramente per la sua energia referenziale, e in questo senso mi rivolgo alla critica, a testi politici, al lavoro di taglio saggistico. E alla narrativa, come a certa poesia.

Ma una sfera enorme di senso – in Italia singolarmente negletta negli ultimi decenni – risiede anche nelle opere che oscillano anche parecchio, e violentemente, attorno agli assi (presuntivamente stabili) del “significato”. Oscillare attorno al (o dentro e fuori dal) “significare” non vuol dire eliderlo, ma anzi precisamente sollecitarlo. Sollecitare la nostra umanissima facoltà (prima ancora che fatto) di costruire segni.

Questo per dire che accanto a pagine di micronarrativa, a saggi, a poesie di sintassi strutturata, allineo nel tempo anche opere e pagine in cui la “parola scritta” si arricchisce nei suoi strati connotativi (pur, spero, non perdendo in denotazione). Ossia irraggia e implica e implementa vari significati, o talvolta – al contrario – ne sottrae, in progressione, fino a uno stato asemantico, o “asemic”, in inglese.

Qualche esempio di conduzione del lavoro all’estremo, in questa direzione, si può vedere qui:
http://www.nazioneindiana.com/2008/11/19/sibille-asemantiche

Per il tema del “rapporto” della scrittura con il mondo esterno, penso che l’intervista di Luca Ariano che citavo all’inizio offra alcuni parametri di riflessione per me precisi: specie a proposito del mio rifiuto netto di considerare il linguaggio un puro strumento. Un oggetto staccato dal parlante (e quindi implicitamente staccato dal mondo).

Il linguaggio, la scrittura, la voce, il tratto visualizzato: sono tutti elementi del corpo, sono corpo. Materia che ci ri-guarda. Che è noi. Dunque la scrittura è già, al momento di nascere nella mano o nella voce, parte non nostra, e parte dell’impatto di realtà che abbiamo saputo filtrare, ricombinare, perdere, tessere.

Non c’è un mondo esterno che ci guarda, un io che guarda il mondo, e una spoletta “parola” che come una teleferica A-B porta dentro di noi o fuori di noi pacchetti di informazioni. Ogni visione meccanica di questo tipo l’ho sempre sentita più che estranea, infondata.

Non riesco a vedere soluzione di continuità tra le cose e me e l’altro (sempre gli altri) e il testo.

Testo è tessuto, molto semplicemente. (Mai semplificando).

[novembre 2008]

NOTA
Marco Giovenale è nato a Roma, dove vive. Lavora in una libreria antiquaria. È stato organizzatore di mostre. È redattore di http://www.gammm.org, http://www.absolutepoetry.org, «bina», «Sud». Nel 2008 ha curato per Luca Sossella Editore il libro Tre poesie e alcune prose, di Roberto Roversi.
Suoi testi sono comparsi in varie riviste, tra cui «Nuovi Argomenti», «Poesia», «Rendiconti», «Semicerchio», «Private», «l’immaginazione». I suoi libri di poesie più recenti sono Criterio dei vetri (Oedipus, 2007) e La casa esposta (Le Lettere, 2007).
È in uscita, per La camera verde, Soluzione della materia, plaquette di dodici testi ‘politici’.
Poesie e prose sono in varie antologie, tra cui Parola plurale (Sossella, 2005), e nel Nono quaderno di poesia italiana (Marcos y Marcos, 2007).

(foto in alto, Marco Giovenale)

19 risposte a “SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Marco Giovenale [14]

  1. Siamo un tutt’uno con il mondo, ma il mondo a volte non riconosce o misconosce l’attività di scrittura, soprattutto quella della poesia (vi sto seguendo nei vari interventi con molta attenzione, siete sopratutto poeti, ma pochi di voi hanno considerato questo “tragico” aspetto contemoraneo della poesia). Ciao Gianni

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  2. “Non riesco a vedere soluzione di continuità tra le cose e me e l’altro (sempre gli altri) e il testo.

    Testo è tessuto, molto semplicemente. (Mai semplificando).”

    Leggo spesso Giovenale, apprezzandone soprattutto la coerenza, e in questo caso la chiara e più che condivisibile scelta di campo, Viola

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  3. Sul versante estremo dell’asemantica mi sembra pertinente ricordare il percorso di Giorgio Caproni, “voce che giunge all’apice nei Versi livornesi (P.V.Mengaldo) per rarefarsi pian piano e lavorare, alla fine, letteralmente col ‘niente’ (G.Bertone) — «Non c’è il Tutto, non c’è il Nulla. C’è solo il non c’è» (da: Res amissa)”.

    Sulla continuità corpo-voce-testo-altro non si può che essere d’accordo, almeno in linea generale (mai semplificando, appunto, come dice Marco Giovenale).

    Ospiti sempre più interessanti in questa rubrica 🙂

    un saluto a Maria Pina e a Marco Giovenale

    Antonio

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  4. Autore decisamente interessante (tra l’altro lavora in libreria antiquaria e ciò mi fa immediata simpatia!)che non conosco ma che mi sembra dotatissimo di grandi spessori e umanesimo.. mi piacerebbe conoscerlo meglio, se vuole può mettersi in contatto, con stima verso Lui e la sensibile Maria Pina Ciancio per queste pagine “incontri” stupende..
    roberto

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  5. scrivere è in-cedereun po’ di sè alla volta, mom è una foto-grafia, né una fito-sostanza anche se può risultare una specie di es(a)sperata sottrazione di possibilità dell’essere stesso.
    Tracciare segni come confini, final.mente visibili e attraversarli,senza che questi risultino un termine o il termine a cui dirigere,mirare. T e s s e r e di con-notati in cui ci appaiono più chiare le ombre, ciò di cui ci serbiamo per dire e muoverci in ciò che non cono-sciamo. Grazie della proposta,fernirosso

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  6. Un grazie a Marco per aver voluto partecipare e per essersi soffermato ad evidenziare questo aspetto della scrittura che si fa ed è CORPUS che coniuga in sè il tutto, TESSUTO di materia e anima (luce e ombre).

    Prendendo spunto dal post di Roberto, ne approfitto per chiedere a Marco di segnalarci la libreria presso cui lavora (chissà che prima o poi non ci si possa incontrare proprio lì!).

    Un abbraccio a tutti voi, che ruotando tra le dita questo cristallo dalle mille sfaccettature, ci offrite questi straordinari spunti di riflessione.

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  7. “Oscillare attorno al (o dentro e fuori dal) “significare” non vuol dire eliderlo, ma anzi precisamente sollecitarlo. Sollecitare la nostra umanissima facoltà (prima ancora che fatto) di costruire segni.”

    Condivido, Marco. Ogni parola singola o associata ad altre evoca sempre, immancabilmente, dell’altro, al di là del significato letterale (gabbia inevitabile per la dimensione antibabelica del linguaggio). Un processo alchemico che fonde, nella prospettiva di chi legge, i “segni” (finanche monosillabici) dell’opera col proprio mondo interiore, fatto di vissuto e immaginario.

    Un saluto a Marco e a Maria Pina

    Giovanni

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  9. Ciao Marco, davvero molto interessante, articolato e ricco di spunti il tuo intervento.Sentire il tuo pienamente condivisibile così come quanto affermi nell’intervista di Luca Ariano, soprattutto la tua disamina sull’attuale panorama e connesso stato della poesia. Solo un piccolo e insufficiente segno del mio passaggio e del mio apprezzamento. Un saluto e spero prima o poi di conoserti personalmente! (Il mio “mondo esterno” è colmo di incombenze e doveri da cui non posso esimermi!) Ciao, Lucianna
    Un saluto a Mapi.

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