SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Maria Pina Ciancio [28]

Viaggio dentro i ‘paesaggi interiori’ di 25 scrittori italiani
(rubrica settimanale a cura del blog LucaniArt – XXVIII appuntamento)

Scrivere è un atto solitario, intimo e privato. Ci vuoi raccontare che senso ha per te la parola scritta e come vivi il rapporto della scrittura con l’altro e con il mondo esterno?

Un mio breve  intervento sulla scrittura e la poesia:

La poesia è l’esperienza di una soglia
dello stare nei difficili confini
del chiaro e dello scuro*

Non è in territori conosciuti, né in spazi protetti che nasce l’esperienza della poesia. La parola poetica vive in una zona clandestina e undergraund, in un intermezzo tra un prima e un dopo, assolutamente imprevedibile e inaspettato.  E’ quello stadio d’innocenza, che per troppa bellezza o per troppa disperazione, preannuncia uno strappo, una lacerazione improvvisa.

La tessitura del verso è dunque un’esperienza di vita in bilico, estrema, rischiosa, fatta di territori dove albergano demoni e santi, paure primordiali e ignote. E’  quel territorio vasto e ineplorato, dove il corpo resta vivido e nudo, scalzo e in ginocchio sotto pioggia e sole, grandine e vento, in attesa di un accadere, di un miracolo o niente.

Su quella soglia il corpo si prepara  a morire e non muore.

Ed è lì, nella vastità delle cose (quelle più vicine e quelle più remote) che il linguaggio sembra vagare senza meta. E’ lì che talvolta germoglia la parola poetica, come un abbraccio affettuoso o una stella danzante, per restituirci un momento presente riscattato e reintegrato, una rivelazione improvvisa, la trama nascosta di ogni dettaglio.

Ciò che una traccia d’inchiostro racconta sulla pagina bianca è testa, sudore e carne insieme. Sopravvivenza e riconquista. Un atto assolutamente libero e puro  di ampliamento di noi stessi e del mondo.

Ecco allora che ciò che facciamo lottando in solitudine, sulla soglia, diviene un atto assolutamente pubblico.

*da Il gatto e la falena, Maria Pina Ciancio, Premio Parola di Donna 2007)

[novembre 2009]

NOTA

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata a Winterthur (CH) nel 1965. Si è laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Salerno; vive e insegna nella sua terra d’origine.

Ha pubblicato Testualità e interpretazione ne “Il nome della rosa” con prefazione di Luigi Reina (1992); La danza nel silenzio (Ed. Ermes, 1996); Legionari di frontiera (Premio Nazionale Histonium, 2002); La mongolfiera azzurra (I fiori di Campo, 2002), Itinerari (CARM – Centro Arti e Ricerche Meridionali, 2002); Donne e Duetto due libretti d’artista a tiratura limitata con la collaborazione artistica di Cosimo Budetta (Ed. Ogopogo, 2002); La Madonna del Pollino – Festa e devozione popolare (Il Coscile, 2004) Il gatto e la falena, Primo Premio “Parola di donna” (2007); La ragazza con la valigia (Ed LietoColle, 2008 ) premio “Prata Poesia 2008″: Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore, 2009).

È presente in diverse antologie e cataloghi letterari, tra gli ultimi Il segreto delle fragole, Ed. LietoColle 2009/2010, Paesaggi, Aljon Editrice 2008 ; Retroguardie, Limina Mentis 2009; suoi scritti e interventi critici sono pubblicati su riviste e quotidiani regionali e nazionali.

Presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt, coordina su internet un blog sul romanzo e la poesia in Basilicata.

(foto in alto Maria Pina Ciancio, settembre 2008)

24 risposte a “SCRITTORI & SCRITTURA – Incontro con Maria Pina Ciancio [28]

  1. ho letto le tue riflessioni…credo che tu abbia espresso in maniera limpida e senza orpelli qual è la genesi della parola poetica… ciò che più fa amare la vera poesia è proprio quello “sguardo” profondo che riesce a vedere oltre, a penetrare le zone “oscure” in cui si trovano angeli e demoni, insomma le radici delle nostre emozioni e, spesso, delle nostre azioni… Aurelia D’Andrea

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  2. Ho pensato a questo. Maria Zambrano scriveva:_Il pensiero, a quanto sembra, tende a farsi sangue. Per questo pensare è cosa tanto grave. O forse è che il sangue deve rispondere al pensiero… come se l’atto più puro, libero, disinteressato compiuto dall’uomo dovesse essere pagato, o quanto meno legittimato, da quella `materia’ preziosa tra tutte, essenza della vita, vita stessa che scorre nascosta.
    Virginia De Rosa

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  3. e forse la poesia è anche l’esitazione, il tumulto, il timore di violare una pagina bianca.
    sensazioni che riesccono a tramutarsi come per magia in parole personali.
    che si fanno parole collettive…

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  4. il sentire-pensare di Maria Zambrano…Tra quella impalpabile soglia sta la poesia, non sta, ma passa di lì…
    Il problema poi non è tanto il sentire l’emozione (di questo siamo in molti in grado di sentirla) ma riuscire a comunicarla per emozionare altrettanto chi legge il testo o l’ascolta.Quindi il problema ( e il mistero) sta nella forma, nel corpo quindi che si vuole dare all’emozione : è il nostro corpo intero -sempre sul punto di morire- come dici tu.
    Complimenti, Mariapina.
    lucetta

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  5. “Liminale”, lo spazio della pagina e del Verbo, mi suggerisce schianti ed abbandoni. Le sospensioni del foglio e il bianco, ruvido, informe, dell’inchiostro trattenuto, a volte parla più di ogni nero. Ti rincontro ogni giorno poetessa e amica, nei tuoi versi e nella tue speranze. Una abbraccio dalla terra del “Pilota” che fece vivere di sogni il suo Piccolo Pricinpe.

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  6. e’ come se ciò che davvero ci necessitasse, per vivere, fosse il movimento, qualunque movimento:del sangue,del sentire il sangue che ci scorre,nel percepire l’emozione dello scorrere di un pensiero nel sangue che lo traduce impetuoso in un brivido,in una vampata o in rossore o sbiancamento o…in un silente bruciare del respiro che si fa sempre più frettoloso e affannato…è come se anche la pagina avesse la porta ma non mostrasse la chiave ed è in quell’andare senza segni, senza senso, e nemmeno in compagnia dei sensi, ammutoliti, raffreddati, condensati e vigili allo stesso tempo, come chi sta all’erta, in attesa che qualcosa accada,sicuro che accadrà, che la parola ripristina un passo, uno, prima di perdersi ancora,senza fine, se non quella di una resa, momentanea.
    Grazie Mapi,ferni

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  7. “E’ quello stadio d’innocenza, che per troppa bellezza o per troppa disperazione, preannuncia uno strappo, una lacerazione improvvisa”. Mi vengono alla mente, leggendo la tua riflessione, l’innocenza e la memoria di Ungaretti, lo stupore del fanciullo mai spento negli anni, il paradiso perduto che mai si riconquisterà e la poesia come esercizio di vita, come amore di una vita. In bilico tra gioie, incomprensioni e paure e musica.

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  8. E’ molto bello quello che scrivi. Io amo molto la poesia, ma non so scriverle nè spesso commentarle. Mi limito a lasciare che scendano dentro di me e sanno varcare soglie che a volte rimangono chiuse per tanto tempo.

    Un abbraccio
    Giulia

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  9. una pagina che apre lo spazio a varie riflessioni che faccio come lettore
    mi ha colpito particolarmente questo punto
    “Un atto assolutamente libero e puro di ampliamento di noi stessi e del mondo”
    come dire che la bellezza di una pagina, pur nascendo da solitudine e lavoro, devo condurre ad allargare sè stessi e gli altri

    grazie Mapi

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  10. Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. (Fabrizio De Andrè)

    E’ la mia stessa urgenza.
    In più la parola è libertà, e la parola libertà già di per se è verso,verso la libertà.

    Grazie Mapi,per la tua vocazione.

    Giuseppe

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  11. Scrivere sotto l’incombere di angeli e di demoni, La scrittura come ‘sopravvivenza e riconquista’…
    Si Maria Pina, condivido il tuo discorso e aggiungo, per quanto mi riguarda, la constatata origine traumatica di questo cammino di ricerca della parola.
    Un caro saluto
    Antonio

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  12. Il mistero della parola limita la libertà dell’atto poetico, come il caso la scelta: l’emozione travolge improvvisa e sradica l’attesa.

    “Je trône dans l’azur comme un sphinx incompris” Charles Baudelaire,La Beauté

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  13. La poesia è l’altra dimensione dell’energia vitale dell’esistenza. Quella più sconosciuta, che all’improvviso si rivela dal subconscio e dall’accumulo delle conoscenze storiche e quotidiane del vivere e dei sentimenti del poeta. Se tale è poi anche per il lettore, è perché la parola scritta, da visiva, si fa suono e arriva a toccare le corde della sua sensibilità. Moravia confidava che ogni mattina si metteva alla scrivania e scriveva per un certo numero di ore. Come un impiegato che va in ufficio, o un artigiano nella sua bottega, ad adempiere il proprio dovere. Lo stesso fanno tutti gli scrittori e narratori. Perché il loro è un mestiere che si dipana nel tempo, attorno a un filo conduttore che è il progetto di scrittura. E un romanzo ha un peso, non solo in quanto blocco di cellulosa, ma per l’infinità di parole adoperate e le quintalate di cose che dice. E questo non cambia con l’Ebook, memoria elettronica impalpabile. Ma se questa è la prosa, che, talvolta, nella sua trama narrativa, può dischiudere pure qualche refolo di poesia, la poesia è cosa diversa dalla prosa. Non nasce da un progetto e non necessita di tanti fronzoli e parole. A volte, meno sono e meglio è. Può arrivare come una “scarica elettrica”, conseguenza di un corto circuito biologico, che, grazie alla parola scritta, non esaurisce la sua portata nel momento creativo, ma si protrae nel tempo. (www.angelosiciliano.com – faccio seguire la mia poesia “L’universo” del 1973).

    L’UNIVERSO
    Il cuore si grippa
    tra le robinie.
    La rondine
    il sud alle spalle
    senza rimpianti.
    Più a nord del nord
    chicchi di galassia.
    Come allodole
    canta l’universo.
    Una lucciola
    scherza con me.
    E c’è una formica
    contro tutti quelli
    che calcano un dito
    sulla testa degli altri.
    A. S. – Napoli, 1973

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  14. “Ciò che una traccia d’inchiostro racconta sulla pagina bianca è testa, sudore e carne insieme. Sopravvivenza e riconquista. Un atto assolutamente libero e puro di ampliamento di noi stessi e del mondo.”
    Sottoscrivo questo pensiero e rendo omaggio alla cara Maria Pina per l’infaticabile opera di divulgazione dell’arte dello scrivere bello……

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  15. Scrivi: “La tessitura del verso è dunque un’esperienza di vita in bilico, estrema, rischiosa, fatta di territori dove albergano demoni e santi, paure primordiali e ignote.”

    Tessitura. Mi è piaciuta moltissimo questa sfumatura data alla creazione di un testo poetico. Sì, ho pensato ad uno di quegli antichi telai dove con pazienza si montano centinaia di fili, lentamente si accumula il tessuto e si fa crescere, con la forbice costantemente nella mano. Filare e tagliare, tagliare e filare.

    Bel pezzo Maria Pina,
    Complimenti.
    Bianca.

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  16. Condivido ciò che ha scritto chi mi ha preceduto: l’intervento di Maria Pina sulla scrittura è scritto abbinando lievità e profondità, esplorazione orizzontale e verticale, viaggio e scavo. Con un grande rispetto per il mistero fascinoso e vitale di questo “atto assolutamente libero e puro di ampliamento di noi stessi e del mondo”. Un caro saluto, e a rileggerci, Ivano

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  17. ottima tua “presentazione” da cui riemerge ciò che, da tempo, intuisco sul tuo essere Donna ideativa di grande spessore e umanità.. il tuo sud o, meglio, il nostro essere figli del mediterraneo, ti rende possibile Dea del verso poetico da eredità ancestrali: la lucania resta un ventre fecondo di idee e di sensibilità
    roberto

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  18. Filare e tagliare, tagliare e filare…Belle le parole di Bianca Medeccia. La poesia è proprio questo e al contempo un mistero perché il problema rimane quello della comunicazione poetica. Passa o non passa? A volte passa, nonostante tutto, perché una corrispondenza si è messa in movimento e ha agito. Ma, ad ogni modo, come tu dici così limpidamente la poesia è la necessità del silenzio, del silenzio dentro. Il silenzio che consente l’ascolto. Questo silenzio-dentro che soccorre anche per vivere. Una “attenzione involontaria” che bersaglia di fitti messaggi, di reali o fantomatiche presenze.Un abbraccio e complimenti per il tuo bellissimo lavoro, Rosa

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  19. 1.valerio detto
    Novembre 23, 2009 a 10:45 am
    Provocatoriamente ….ma con sincera stima!!

    …Mica a puhisia

    Ama piglià a cundratto
    e mica po’ finisce a puhisia stu fatto.
    Ama fa spiccia spicia, chi taglia,
    chi macina, chi enghie e chi minuzza.
    Am’ appenne sta sera stisso u savuzizzo.
    Prima s’appena e prima è curatizzo.
    A vraiarina è pronda e u pane è già arrusciato.
    Portateme ddu gamm’aperto e so’ sanato.

    Non a poesia
    Dobbiamo prenderla a contratto
    e mica può finire a poesia questo fatto.
    Dobbiamo fare in fretta, chi taglia,
    chi macina, chi riempie chi riduce a pezzettini.
    Dobbiamo appenderlo già questa sera il salame.
    Prima si appende e prima e’ a mezza stagionatura.
    La brace è già pronta il pane è già abbrustolito.
    Portatemi quel “gambe aperto” e sono guarito

    Il salame a mezza stagionatura passato sulla brace e custodito tra due fette di pane abbrustolite…..

    gambe aperto : il salame nel budello è piegato in due e appoggiato sulla verga per la stagionatura. Forma quindi quattro parti penzolanti (una estremità a U e le altre due libere). Ciascuna di queste parti è denominata hamma (gamba).
    Il trozzolo ( e la parte di di una gamba) mediamente 4-5 cm

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  20. La poesia prelude alla lacerazione ..ma già lo è, e per questo è tale. E ‘rivelazione improvvisa’ ..ben detto, di cui si prende coscienza immediatamente dopo.
    Grazie, Maria Pina! Hai dato corpo alla parola poetica rivestendola del suo significato più profondo.

    Rina Accardo

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  21. ringrazio davvero tutti per la calorosa partecipazione alla rubrica sulla scrittura e per i numerosi interventi lasciati a questo post.

    *

    rispondo inoltre a coloro i quali ritengono che la poesia sia esercizio di vita estremporaneo e spontaneo e pertanto non condividono la “riflessione” sulla scrittura.
    per pura chiarezza -e non interverrò oltre- utilizzerò una metafora semplicistica e ardita, sottolineando che la scrittura poetica (e non solo) è in qualche modo eguagliabile ad un figlio.
    e i figli si fanno per passione e per amore, ma guai se ciò non fosse accompagnato dalla consapevolezza di ciò che accade e sta per accadere!

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  22. ” La poesia è qualcosa che cammina per le strade, che si muove, che passa accanto a noi. Tutte le cose hanno il loro mistero e la poesia è il mistero di tutte le cose. Si passa accanto ad un uomo, si guarda una donna, si percepisce l’incedere obliquo di un cane e in ciascuno c’è la poesia “. Questa bellissime parole sono le ultime parole pubbliche di Federico Garcìa Lorca prima della fucilazione….

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