Spunti (di) versi con… Daniela Raimondi

I POETI SI RACCONTANO 3
Interviste sulla poesia a cura di M. P. Ciancio per il blog letterario LucaniArt Magazine

Poesia: passione, libertà…
Poesia rifugio. Poesia contatto diretto con il nostro inconscio. Poesia punto d’incontro fra realtà e memoria. E perché no: poesia come salvezza. E’ una frase abusata, ma per me è stato vero.

I desideri di un poeta
Sono i desideri di qualsiasi persona: la ricerca di una pace interiore, l’allegria, l’amore, il bene dei figli, il sentirsi in armonia con la natura e ciò che ci circonda. Poi ci sono i desideri legati all’essere ‘poeta’, alla figura pubblica. Desiderio quindi che il tuo lavoro venga riconosciuto. Farsi conoscere, farsi leggere e apprezzare. Non credo ai poeti che dicono “io scrivo per me stesso”. Se così fosse, non si esporrebbero, terrebbero tutto nascosto in un cassetto, mentre spesso non è così. Asserire questa frase quando si ha reso pubblico il proprio lavoro è di per sé una contraddizione.

Una tua definizione di poesia
Mi rifaccio a una citazione della grande Alda Merini, che mi sembra allo stesso tempo umile ed esatta: “la poesia è un dono. Non so da dove venga…”

Il ruolo della poesia oggi
In un mondo che sembra correre freneticamente verso il proprio suicidio, la poesia rappresenta un momento di riflessione e di necessaria solitudine. Riuscire ad estraniarsi, almeno per qualche attimo, dalla violenza e dalla brutalità che ci circonda, per incontrare la bellezza, il silenzio, un punto di contatto con la parte più spirituale di noi stessi. Poesia significa una ricerca di conoscenza interiore e, allo stesso tempo, un aprire le nostre braccia a chi ci legge.
La poesia può avere anche una funzione sociale, di denuncia. Ma non credo che questo debba trasformarsi in un suo dovere. L’unico dovere del poeta è di dare il meglio che ha dentro e di essere fedele alla propria creatività. Il poeta non deve necessariamente svolgere una funzione politica. C’è in giro troppa poesia politica di scarsissimo valore letterario.

Da dove viene la parola del poeta
Viene dall’inconscio, principalmente. Viene dal vissuto ma anche dal sognato, dall’immaginario di ognuno, da ciò che desideriamo e da quello che invece vorremmo assolutamente dimenticare. Ma, attenzione: se la poesia nasce principalmente dal nostro inconscio, viene poi filtrata dalla nostra razionalità. Perché da soli l’inconscio e la fantasia non produrrebbero che disegni sfocati, immagini sbavate. Inconscio e fantasia come prima spinta creatrice ma, in un secondo tempo, subentra necessariamente lo studio, la ricerca, il duro lavoro, la maniacalità certosina dell’artigiano.

I tuoi poeti preferiti
I miei gusti in fatto di poesia sono disordinati e ciclici. Avendo studiato all’estero, confesso una notevole ignoranza per quanto riguarda i grandi nomi della poesia italiana, che ho letto solo sporadicamente e senza il sostegno intellettuale che può darti la scuola e l’università. I primi poeti che ho avvicinato sono stati i poeti spagnoli e latino-americani: in primis il grande Lorca, che trovo ancora estremamente attuale. Il suo volume ‘Poeta a New York’, per esempio, è un lavoro modernissimo. Poi ci sono Machado, Ruben Darío, Pablo Neruda… Mi sono avvicinata ai poeti italiani solo quando ho iniziato a scrivere poesia, ma sempre in modo disordinato e seguendo criteri di scelta personale. Da questo magma di letture sono comunque sorti nomi di poeti italiani che ora amo profondamente: Antonella Anedda, Maria Grazia Calandrone, Pavese, Stefano Massari, Alessandro Ceni, Davide Rondoni, e poi la grande Alda Merini. Secondo me il suo ‘La Terra Santa’ resta uno dei migliori libri di poesia italiana.

Almeno tre libri di poesia da cui non ti separereresti mai
Opere complete di Sylvia Plath. Residenze Invernali, di Antonella Anedda. Opere complete di Anne Sexton. Poeti donna dunque e, soprattutto, poesia americana, quella che prediligo. La poesia italiana mi pare si trascini ancora dietro un liricismo di vecchio stampo. La poesia anglosassone secondo me è all’avanguardia, molto più sperimentale e dal timbro più scarno e discorsivo.

Un poeta sopravvalutato
Preferisco non pronunciarmi dando nomi precisi, ma i poeti, anche molto famosi, che mi lasciano totalmente indifferente sono molti. Ritengo che sia comunque una mia mancanza. Devo aggiungere che autori che non avevo apprezzato in prima lettura, mi hanno incantato quando anni dopo ho ripreso in mano i loro libri. Credo che un libro di poesia non sia qualcosa di statico, ma un piccolo universo in continua trasformazione, in grado di evolversi e di crescere a secondo della nostra evoluzione personale, del momento particolare in cui lo leggiamo.

Un poeta sottovalutato
Soprattutto in Italia, paese in cui la parola meritocrazia nel campo dell’arte quasi non esiste, le prerogative per avere successo come poeta sono quasi esclusivamente legate alle conoscenze e ai favori che vengono scambiati dentro una certa élite letteraria. Si pubblica con grandi nomi dell’editoria, si partecipa a convegni e ad importanti reading poetici, solo se si frequentano le persone giuste. Allo stesso tempo, si possono trovare in rete, o sulle pagine di editori minori, delle vere perle di poesia che vengono snobbate dalle riviste illustri e dagli editori che contano. Emergere attraverso la forza della propria poesia, senza spinte e favori personali, è possibile, ma faticosissimo.

La tua prima poesia
Il primo tentativo di poesia l’ho scritto da adolescente, verso i tredici anni. Non me ne ricordavo nemmeno più. L’ho ritrovata su un vecchio diario che tenevo in quel periodo. Come molti, ho scritto qualche verso d’amore anche in età adulta, ma erano sempre esperienze sporadiche, sfoghi personali mai portati avanti con serietà. La prima vera poesia l’ho scritta molto tardi, a quarant’anni. L’ho spedita ad un concorso nazionale e sono arrivata seconda. Questo mi ha dato un tremendo impulso a continuare e da quel giorno non mi sono più fermata.

Il punto di partenza della tua poesia
Il punto di partenza è quasi sempre la lettura. Quando leggo poesia che mi piace, è come se mi si aprisse dentro un canale di luce, una vena che inizia a sanguinare e che non riesco ad arginare se non scrivendo e scrivendo. E’ la lettura che in generale mi stimola a scrivere. I miei libri di poesia sono tutti pasticciati, pieni zeppi di pensieri e annotazioni. Devo assolutamente scriverli sui margini del libro, non su un foglio a parte. A tratti diventa quasi una scrittura automatica. Devo cogliere l’attimo: un’idea, il suono di una parola, in maniera immediata. Non avrei tempo di trasferirla su un foglio a parte. Se un libro di poesia rimane pulito, allora significa che mi ha annoiato. Un altro punto di partenza importantissimo è la memoria. Tutto nasce dalla memoria, mai dal presente. Ma i ricordi, gli avvenimenti del passato che voglio descrivere, devo lasciarli a sedimentare per intere settimane, mesi, addirittura anni. Solo dopo molto tempo riesco a riprenderli, ad elaborarli e a riportarli alla superficie attraverso la scrittura.

Un verso che avresti voluto scrivere
“Libererò/dalla piccola bambola ingioiellata/ che lui custodisce come un cuore // La leonessa,/l’urlo nel bagno / il mantello coperto di buchi.” (Sylvia Plath, mia traduzione)

La poesia che più ti rappresenta
“Questo muro rosso sussulta in continuazione / un pugno rosso che si apre e si chiude / due grigi sacchetti di carta – / E’ di questo che son fatta, di questo e del terrore / di essere portata via distesa sotto croci e una pioggia di pietà” (sempre di Sylvia Plath).

Il tuo ultimo libro
Il monologo teatrale in versi Entierro, per le Edizioni Mobydick.

Le tracce tematiche che lo caratterizzano
E’ la storia di un infanticidio. Almeno, questo è quello che traspare all’inizio, perché la donna che parla si trova in una cella che può essere una prigione, o un ospedale psichiatrico. Nonostante questo, tutto diventa rapidamente ambiguo. Non si è più sicuri che l’infanticidio sia avvenuto. Forse il bambino è morto naturalmente: di parto, per mancanza d’assistenza. Entrambe le soluzioni sono possibili, anche se io ho un’idea mia, precisa, che comunque preferisco non imporre a chi mi legge.

Una definizione della tua poesia
Una poesia sempre più prosaica, influenzata soprattutto dalla poesia anglosassone. E’ la direzione che mi sembra di aver preso, anche se i miei testi a volte tornano a un liricismo di stampo, diciamo ‘latino’. Sono un poeta ibrido, insomma. Questo nonostante le mie preferenze letterarie.

Keats sostiene che il timone della poesia è l’immaginazione, la fantasia le vele, e l’invenzione la stella polare. Cosa aggiungeresti?
Senza dubbio aggiungerei che la poesia è governata anche dai nostri démoni, dalle nostre contraddizioni, dai nostri traumi e dalle nostre mancanze.

La qualità che apprezzi maggiormente in una poesia.
Il coraggio.

Il futuro della poesia
Un viaggio verso la prosa.

Un consiglio ai giovani poeti
Leggere, leggere e ancora leggere buona poesia.

Un suo dono (poetico) ai lettori di LucaniArt
Un testo tratto da una mia silloge inedita che sto completando in queste settimane, intitolata “Diario della Luce”:

Stormi

Un volo basso di uccelli
annuncia la fine dell’estate.
I frutti sono maturi, il succo cola.

Sulle strade brillano i ventagli delle foglie.
C’è il larghissimo aprirsi dell’aria,
profumo di torba e di legna bruciata.

Lo sciame di luci all’orizzonte
indica l’alveare di strade raccolte accanto al mare:
l’inizio dell’acqua, poi un buio senza fine.

Ho chiuso porte e finestre,
seppellito il giorno con un cuore leggero.
Stasera mi basta questo piccolo cielo pulito,
la pace in fondo al giardino.
Il mondo, a volte, è un posto troppo grande.

(Daniela Raimondi
)

© Intervista a cura di Maria Pina Ciancio, esclusivamente per il sito internet LucaniArt Magazine

19 risposte a “Spunti (di) versi con… Daniela Raimondi

  1. Grazie, Mapi, per avermi offerto l’opportunita’ di questa intervista. Mi e’ piaciuto molto risponderti ed e’ stata anche un’occasione di riflessione necessaria.
    Un saluto a tutti,
    daniela

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  2. Grazie ed augurî a Daniela Raimondi. Apprezzo la sua piana e pulita scrittura, i suoi versi morbidi innocenti pacati rivelano un animo sereno, un poetare sincero.

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    • Grazie, Donato, per le tue belle parole.
      non sono tanto convinta di possedere quell’animo pacato’ di cui parli, anche se sicuramente mi auguro di conquistarmelo, prima o poi :-))
      un caro saluto,
      daniela

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  3. conosco da tempo la suggestione poetica che daniela raimondi sa donare a chi, tecnicamente come me, non è poeta (in senso letterario) ma che sa leggere e fruire un buon testo poetico, del resto spesso capita che la prosa scivoli verso la poesia e non solo nella “forma romanzo” ma (anche) nella saggistica: provate a leggere il testo ATLANTE DELLE EMOZIONI di giuliana bruno, harvard university, bruno mondatori editore, mia lontana amica dei tempi napoletani, un saggio in prosa dal sapore poetico! tornando a daniela raimondi, scrittura densa, precisa, vergata con sensibile attenzione a forme contenutistiche e che ringrazio per il dono del suo inedito qui da m.pina ciancio (altra penna felicissima!) e le chiedo se posso trasformare i suoi versi, qui editi, in forma colorata.. senza consenso, niente, amo l’educazione e il rispetto..
    r.m.

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    • Roberto,
      ma tu hai tutto il conseso che vuoi da parte mia, lo sai 🙂
      Poi fammi sapere….
      Grazie del tuo passaggio e molto curiosa di leggere questa tua amica. Forse quell’Harvard University indica una permanenza al di la’ dell’Oceano? Forse proprio questo ha plasmato la sua scrittura nella direzione che preferisco….
      un grande abbraccio per te,
      daniela

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      • lo farò e con immenso piacere! circa la mia conoscente più che amica (non la vedo dai tempi in cui lavoravamo all’università, io architettura lei orientale) no lei era così, raffinatissima intellettuale e ricercatrice, da quei tempi oramai lontani ed era così, ho letto da qualche parte, anche nel suo liceo napoletano ma è virtù , riterrei, della borghesia illuminata napoletana di saper conversare e scrivere con assoluta proprietà di linguaggio poi lei è anche “poeta” ante litteram.. ma prendilo questo saggio peraltro forse più interessante in linguua inglese (edizione madre) che non in traduzione italiana: costa circa 50 euro ne vale milioni!

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  4. Ancora una volta leggo la “poesia” di Daniela Raimondi che già ho avuto modo di apprezzare in altra sede. Se la sua poesia va verso la prosa sarà pur sempre prosa poetica… Non amo molto Silvia Plath,ne ho paura, mi trasmette i suoi incubi,le sue ossessioni e mi fa sentire ancora più fragile, ma anche per me “Residenze invernali” dell’Anedda è fra i testi poetici più belli della poesia femminile contemporanea. Un abbraccio virtuale e in bocca al lupo pe il nuovo lavoro.

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    • Grazie, Rosa, per le belle cose che dici. Felice che condividiamo l’amore per la scrittura di Antonella Anedda.
      So cosa vuoi dire per quanto riguarda la Plath. Ha una scrittura che spesso ‘disturba’, scava troppo profondamente nella psiche di chi legge trasmettendo nella lettura le sue paranoie. Pero’ e’ di una ricchezza senza fine. Quando lessi per la prima volta Ariel non mi colpi’ poi tanto. Ma, se non lo hai fatto, prova a comprare il Meridiano Mondadori sul suo lavoro. E’ una guida preziozissima per comprendere la sua poesia, e la sua vita. Le due cose vanno strettamente insieme.
      Un carissimo saluto,
      daniela

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  5. Ringrazio Maria Pina per il regalo.
    Ho sentito per la prima volta la poesia di Daniela ad un concorso qualche anno fa e subito mi colpì. Mi sembrò di individuare una scrittura che parte dall’inconscio. Il risultato come tutto ciò che nasce dall’inconscio è un realismo che non è sterile realismo.
    Anche io come Daniela credo che la poesia italiana sia ingabbiata nel clichè del lirismo.
    Riguardo al fatto che il futuro della poesia è un cammino verso la prosa io credo, più precisamente, che ci sia una contaminazione tra i due linguaggi.

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  6. Ciao Daniela, è sempre un piacere leggerti. Mi ritrovo in diversi punti della tua riflessione ed è sempre molto molto stimolante avere la possibilità di dare una sbirciatina nel “laboratorio” altrui e di questo va dato il merito a Maria Pina. Amo anch’io le poete che nomini la Plath, la Anedda a cui aggiungo la Gualtieri e la Cvetaeva… Altra cosa in comune (visto che stamattina ti ho sentita leggere su poiein) la tematica femminile e il monologo. Ma qui non voglio parlare di me. Mi piace la poesia che hai scelto, mi piace il suo tono caldo e latino. Come e dove posso acquistare il tuo monologo? Un forte abbraccio all’ospite e alla padrona di casa. Lucianna

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  7. temo di dover dissentire sul fatto che non siano molte “le scritture” che si distinguono in Italia oggi. Oltre ad Anedda, che condivido pienamente oltre Merini, aggiungerei Gualtieri, Farabbi,Valduga,Cavalli,Vallerugo,..e tante altre ancora.
    Considero la poesia un dono per chi la partecipa, ma anche una responsabilità, poiché è un luogo da cui nulla resta interdetto e tutto è comunicante. Perciò la poesia è anhe politica, sin dalla scelta di un vocabolo piuttosto che un altro, dalla scelta delle tematiche o delle possibilità di lettura.Se poesia è vita, e politica è l’uomo nelle sue relazioni organizzate allora poesia è un ponte che non trascura di raggiungere nessuno e niente.
    Grazie per la presentazione e grazie per l’onestà delle risposte.fernanda.

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  8. Rispondo, un pò per celia e non per sfoggio di nulla…( ho solamente sfogliato on-line un dizionario etimologico), a proposito di animo pacato, di cui dubiti:
    pacato dal latino pace e pace dalla radice sanscrita pak = legare, unire, saldare.
    Confermo il mio iniziale convincimento !

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  9. Grazie Maria, Lucianna e Fernanda e Mapi per i vostri interventi.
    Concordo sia con Lucianna che con Fernanda sui nomi della Gualtieri e di Farabbi. Le amo entrambe. Non ho detto che non ci sia buona poesia italiana. Ho solo detto che, per i miei gusti personali, e quindi discutibilissimi, la poesia anglosassone e’ all’avanguardia ed e’ sicuramente quella che preferisco.
    In quanto al punto della poesia politica, chiaramente facciamo parte di una societa’ e, anche non scrivendo direttamente di tematiche sociali, si finiesce inevitabilmente per compiere scelte che toccano sia il sociale che la sfera politica. Nessuno e’ immune da cio’ che ci circonda. Detto questo, la responsabilita’ esplicitamente politica deve rimanere una scelta personale dell’artista, mai una responsabilita’ imposta dal suo status di poeta. Ogni artista, secondo me, deve agire in maniera assolutamente autonoma, essere svincolato da qualsiasi tipo di restrizione o dogma. L’unica responsabilita’dell’artita, come ho detto sopra, e’ verso la propria arte, l’essere fedele alla propria creativita’. Non sono d’accordo, per esempio, con lo stereotipo che invita ad associare l’artista esclusivamente con la sinistra politica. Ci sono stati anche grandissimi poeti di destra (T.S. Elliott, Borges, fra molti altri), come ci sono stati grandissimi poeti ed artisti che si sono rifiutati di aderire a partiti o schieramente politici. Questo nulla toglie alla loro grandezza.

    Donato, ti ringrazio. Sono felice se dai miei testi esce questa serenita’. Non so se davvero esiste dentro di me, ma e’ sicuramente qualcosa a cui aspiro.

    Scappo al lavoro, grazie a tutti per questi interessanti interventi.
    daniela

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  10. Risposte ben motivate, sentite, nate da un percorso autentico di letture ed esperienze letterarie. Il tutto con fermezza serena, senza pretendere di pontificare o di imporre verità assolute. Un modo cosciente e intelligente di percepire e vivere la poesia e la scrittura. Un saluto cordiale a Daniela e a Maria Pina. A presto rileggerci, Ivano

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    • Ciao Ivano, ti scrivo da un computer di fortuna, da Roma. Grazie per il tuo passaggio. Ognuno credo viva la poesia in molto molto personale. Forse le mie idee al riguardo non sono fra le più serenamente accettate, e mi fa piacere sapere di essere stata capita.
      un caro saluto e a presto,
      daniela

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  11. Un poeta è elemento sensibile nella società. Talvolta è come un nervo scoperto e riesce a “sentire” prima di altri. E può giocare di metafora. Ha libertà di scrittura – sia che adoperi il lirismo sia che giochi alla sliricizzazione -, e di giudizio più di tutti e può fare a meno della discrezione. Può spaziare nelle culture, ma rimane comunque ancorato a una certa formazione, la sua. È importante che questa non diventi però una prigione dorata.

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