Giuseppe Pedota (Genzano di Lucania 26.01.1933 – Cremona 15.05.2010) è stato musicista, pittore, scultore, poeta. Fin da giovanissimo strinse legami di amicizia con Carlo Levi, Rocco Scotellaro, Vito Riviello, Dino Buzzati, Vittorini e, per quanto riguarda i pittori, con Crippa, Fontana e Kodra. Nel 1964 a Parigi incontrò Jorge Luis Borges. Negli anni parigini, Pedota, seguendo il suo nomadismo intellettuale, si dedicò all’architettura, al design, alla pubblicità, alla scenografia. Mostre personali della sua pittura vennero allestite a Roma, Matera, Milano e Palermo. Nel 1974 fu ad Amsterdam per una mostra di progetti di architettura e design industriale. Partecipò in quegli anni a numerose altre mostre in varie città europee (Parigi, Ginevra, Londra, Monaco).
Per una conoscenza più approfondita del poliedrico autore lucano, consigliamo di visitare il suo sito web all’indirizzo http://www.giuseppepedota.it/
Di seguito tre poesie tratte della sua raccolta Equazione dell’infinito:
Lucania
questo paese è lontano da ogni senso
e dagli dèi
forse
ci corre dentro nelle vene un segno
un turgore di luce
di silenzi
appartenute a un sogno di remote
civiltà stellari
la circonferenza s’è aperta
nel punto delle mie fughe
nel punto dei miei ritorni
come teorema d’amore
la mia Lucania è un’Itaca
di tutte le ombre
che mi crearono la luce
di spazi che mi allevarono
con la storia dei venti
e i lutti delle donne nero eterno
come utero di vergini
neri occhi hanno scavato ombre più vere
di chi le rifletteva
*
Mater
e forse ancora sentirai
supina la mia voce mentre tendi
le mani
da una distanza superflua
l’aquilone dei miei naufragi
ha teso il vento
l’ellisse s’è aperta
valva matura circoncisa
quante volte hai fermato
il filo del tuo chiederti “ho sentito
mentre cadevi” quante volte
mi ha ripreso il tuo ventre
per astuzia incredibile di madre
sapendo gli anni
che mi devastano e l’impossibile
gioco di sottrarsi
ai miei sublimi fallimenti
mai accettati
dalle tue fedi ostinate
non posso darti una definizione
del più e del meno
*
Stella segreta
o mia stella segreta come l’ombra
dell’altra luna
se le finzioni del cuore preservassero
dalle comete amare
io tramerei un bozzolo di luce
per incontaminarti
e appannerei il mio specchio con un alito
di senno
ma il mio riflesso è un tempo
che si diverge in più futuri
innumerabili
le ragioni segrete
che dipanarono i tortuosi
sentieri del minotauro
assaltano il mio labirinto
dove l’alfa si tocca con l’omega
da Equazione dell’infinito (Ed. Scettro del Re, Roma, 1996)
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