Il tempo nascosto tra le viole di Vincenzo Corraro

vincenzo corraro

Per gli amici di LucaniArt, pubblichiamo l’incipit del nuovo romanzo di Vincenzo Corraro “Il tempo nascosto tra le viole” (Besa Editrice 2022).
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Dopotutto
 
Stava scrutando la valle dal pianoro più alto, seduto a ca-valcioni dello sperone di una roccia, quando udì avvicinarsi l’elicottero. Dapprima era molto lontano e il rimbombo del-le pale, amplificato dal vuoto dei canaloni, giungeva cupo, come un basso profondo. Poi riprese più vicino e rumoroso; allora Cosimo levò gli occhi dalla spianata erbosa a ponente della cresta, e più in là dei dirupi, in attesa di vederlo spun-tare dalla parte più esposta della scarpata, proprio nel punto in cui i rami dei possenti pini, abbarbicati sui ghiaioni cal-carei, cominciavano a flettersi e uno stormo imbizzarrito di rondoni si apprestava a sgomberare il cielo.Lo aveva atteso per più di un’ora. Per arrivare all’appun-tamento puntuale aveva percorso con il fuoristrada l’impra-ticabile strada dei pascoli: una logora pista di pietre e detriti, compattati dal gelo e dal peso del bestiame, che risaliva dalla parte opposta del pianoro e della strada asfaltata. Non la co-nosceva benissimo, era una parte della montagna piuttosto ombrosa e umida, quasi sempre interrotta o franata, battuta in genere dai boscaioli per fare incetta di legna verde dopo le abbondanti nevicate o dai mandriani più esperti: da ragazzo, lui e il padre, quando accompagnavano le vacche ai recinti, la evitavano sempre perché si annaspava non poco su quei vertiginosi gradoni, e il rischio di imboccare allegramente il vuoto di qualche crepaccio era piuttosto concreto.Man mano che l’elicottero si avvicinava, sentì aumentare sotto i piedi il tremolio della montagna. Si strinse nel piu-mino, disorientato dalle vibrazioni della roccia cava, dalla tensione e dall’incertezza sempre più ingovernabili. L’aria era appena sporcata da uno spolverio bianchissimo, che sferruz-zava dalle chiazze di neve ancora resistenti sul crinale. Era una soleggiata mattinata di aprile, ma un vento frizzantino a quell’altezza faceva sentire tutta la sua abbondanza, la neve sui pendii era ancora rosea e compatta, rasentava la linea dei prati, con curve morbide e precise da sembrare dipinte, la-sciando scoperte le prime fioriture; cominciò a indietreggia-re con prudenza, allontanandosi dal ciglione e spingendosi fin dentro la parte più aperta della radura. Gli alberi erano lontani, il precipizio pure, e si contorceva girando in largo, tentoni, la testa in aria, in un movimento atto a capire quale potesse essere il punto preciso dell’atterraggio.Finalmente lo vide arrivare. L’elicottero procedeva con cautela nella piega tra i due costoni, risalendo gradualmente in superficie e verso la luce sfavillante del cielo, con le eliche che sfioravano gli strapunti levigati e il muso che puntava il pianoro.
(…)
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