Un ricordo di Vito Riviello, poeta lucano anticonformista ed ironico

19 giugno 2009 – ore 23,50

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Certe notizie arrivano con il “passaparola”. Alle 12,00 del mattino l’annuncio della scomparsa del poeta Vito Riviello (Potenza 1933 -Roma 2009) girava tra tutti gli amici e i poeti lucani e non, connessi alla rete. Parole di commiato e di tristezza, l’ultimo abbraccio silenzioso, l’appuntamento al tempietto egizio del Verano per l’estremo saluto. C’è il calore, la partecipazione e la solidarietà di tutta l’intera comunità del web, che si stringe intorno al maestro (lucano) dalla poesia ironica e giocosa, che ci ha lasciati la notte scorsa, all’età di 76 anni. A tarda sera le fonti ufficiali di informazione tacciono! Nessun accenno alla sua scomparsa da parte dei notiziari, delle emittenti locali, della radio… Faccio una riflessione ad alta voce. E mi dico, allora, con rammarico che davvero i poeti non interesano più a nessuno, né da vivi, né da morti! E questa presa d’atto è un’ennesima (triste) constatazione della nostra realtà effimera e distratta!

L’ultimo ricordo che ho di Vito Riviello, risale a sei mesi fa, nella sua cittadina romana di adozione, alla fiera del libro di dicembre. Siamo numerosi presso lo stand della LietoColle, giovani e meno giovani e tra i tanti c’è lui, Vito, che con la casa editrice comasca ha da poco dato alle stampe la sua ultima raccolta poetica “Scala condominiale” (Lietocolle, 2008). Difficile non soffermarsi sul suo sguardo pacatamente attento e curioso, attraversato da un taglio di tenerezza, malinconico e fiero al tempo stesso. Era felice Vito per quella sua festa. Felice di incontrare amici, felice di autografare il suo nuovo libro. La dedica che mi scrisse, con una biro inusuale di colore verde, venne da un pensiero lungo e riflettuto, che nulla aveva di improvvisato o di casuale “A Mapi, alla sua vitale curiosità tra i versi in un mondo dove il sogno va conosciuto prima d’ogni altro limite. Con l’amicizia di Vito (Roma 7-12-2008)” e faceva seguito il numero di telefono di casa “perché più sicuro -diceva- perché i cellulari si perdono, i numeri si cambiano e non ci si ritrova più”. E mi pregava di chiamarlo, di andarlo a trovare nella sua abitazione romana, che’ aveva voglia di parlarmi, di condividere meglio il mio libretto “La ragazza con la valigia” di cui avevamo letto insieme qualche verso. C’era nel suo sguardo l’affetto e il senno (sapiente e sconfinato) di un padre. Quando a fine serata ci salutammo, mi ripetè ancora “Mi telefoni, allora!”. E non telefonai, per mio pudore, per timore d’invadenza (come sempre). Ecco, lo dico con rammarico adesso. E lo scrivo perché sappia.

I libri che mi sono più cari, vivono con me un totale rapporto di vicinanza, abititano insomma uno spazio aperto e “anarchico” fuori dagli scaffali e dalle librerie! Sul mio comodino ci sono -da sempre- due libri di Vito, entrambi in prosa , uno più in alto, l’altro in fondo alla pila (tutt’ora di circa 30 volumetti!). Faccio di mestiere l’insegnante e ho trovato illuminante e straordinario il romanzo breve “E arrivò il giorno della prassi” (Ed. Empiria, 1999), uno spaccato ironico e grottesco della realtà scolastica degli anni settanta, a metà strada tra autobiografismo e testimonianza, che tutt’oggi (lo confermo!) trovo di una modernità e di un’attualità disarmante. Ne ho scritto anni fa in una piccola nota su lucaniart* e la segnalazione si accompagnava a un bellissimo schizzo di Vito, realizzato per l’occasione, dall’amico vignettista Rocco Grieco. L’altro piccolo gioiellino, che troneggia da sempre (potrei dire) sul mio comodino, ha il bellissimo titolo di “La neve all’occhiello” con un etereo disegno di copertina di Luca Celano. E’ un “casalingo”, uscito nel 1986 per una casa editrice locale, con un taglio narrativo, antropologico e di reportage tutto lucano. Il segnalibro lo divide in due sul racconto ‘La neve’ (dove ho ritrovato a matita qualche vecchio appunto a margine). Ecco, stasera lo rileggo di nuovo e nonostante siamo in pieno giugno e fa caldo, la sento quasi venir giù quella neve potentina “dalla bianchezza allegra” che faceva del capoluogo lucano “il fiore all’occhiello”, la carta d’identità che spesso stupiva e sorprendeva “i forestieri” (li chiamava così i turisti Vito, non solo nei versi, anche nelle interviste) . Erano i tempi (gli anni 70-80) e i giorni belli (delle nevicate) in cui “il pensiero prendeva le ali e diventava leggero come un fiocco confondendosi con quel ritmo senza suono delle nevicate”.
Ecco, noi ti ricorderemo per questo e per tant’altro ancora.
Grazie e buon viaggio Vito.

Maria Pina Ciancio

in alto, Vito Riviello (disegno di Rocco Grieco)

11 risposte a “Un ricordo di Vito Riviello, poeta lucano anticonformista ed ironico

  1. sono tra quelli che non lo hanno conosciuto, ma resto tra quelli che non perdono le voci lasciate, fosse anche in righe di scrittura, e sono capaci di navigazioni continue in rotte che mutano chi le legge e le percorre nel mare interiore. Grazie Mapi e grazie a Vito, certamente vivissimo. ferni

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  2. Se é vero che un solo verso rende grande l’universo, Vito Riviello ha reso grande la Lucania con i suoi versi toccanti e pieni di passione. Grazie, Mapi, per la bellissima testimonianza sul nostro poeta lucano, che io non ho avuto l’opportunità di conoscere.

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  3. da fb:

    Carlo Santulli alle 13.15 del 19 giugno
    Mi spiace davvero tanto…ci mancherà.

    ***

    Antonio Bevilacqua alle 13.24 del 19 giugno
    Voglio ricordarlo con una “cosina” che ascoltai dalle sue labbra direttamente qualche annetto fa:
    “Campo di girasoli a Cortona di Arezzo…
    Campo di paraculi a Cortina d’Ampezzo!”
    Ciao Vito.

    ***

    Enrico Gurioli alle 13.26 del 19 giugno

    Chi nasce tra i monti…sogna e desidera il mare!
    Un grande

    Posato da un corvo sul monte
    ebbi desideri di mare,… Visualizza altro
    in forma d’ampio respiro
    e devozione marina.
    Quante Marie ho perduto
    fra le reti dei miti
    di carità cristiana.
    Qualcuna era bruna e pagana
    dalle rose esaltata
    rendeva sempre più pallida
    la mia speranza.
    Metteva i piedi e il sorriso
    sulla mia timidanza.
    (Vito Riviello)

    ***

    Rosaria Di Donato alle 13.27 del 19 giugno
    io faccio dono del mio silenzio, ma rileggerò le sue poesie.

    ***

    Roberto R. Corsi alle 15.03 del 19 giugno
    mi associo al dolore, al silenzio, alla meditazione dei suoi testi.

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  4. Peccato che manchi il riconoscimento che gli dobbiamo. Che Vito Riviello è stato uno dei più grandi poeti italiani del secondo Novecento. Di quelli che non appartengono ai giochi di fazione o di potere. Di quelli liberi, che hanno praticato la poesia per tutta la loro vita. Un esempio di superbe alta dignità morale e di amore giocoso per la vita.

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  5. Vito è stato ed è la cattiva coscienza dei poeti rampanti a cavallo dei due secoli . Avrebbe potuto avere editori di serie A , distribuzione e visibilità come e più dei papaveri che vanno per la maggiore se solo si fosse affidato a cardinali onorevoli e faccendieri . Ma era così ipertrofico il suo senso dell’umorismo e del comico che gestirli scadendo nel patetico del calcio nel sedere non era proprio nelle sue corde. Ci restano i segnali del suo talento , a volte straordinario e certamente paragonabile , a livello di invenzione verbale sulla scrittura , a quello dei Grandi che l’hanno preceduto e accompagnato nel suo percorso creativo.Resta soprattutto, e ci occupa profondamente, la sua umanità: parola ormai fuorimoda che non serve a fare carriera ma che era la luce della sua parola

    leopoldo attolico

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