Barbara Balzerani e Matera. Per riflettere…

di Paride Leporace

20061218balzeraniqg2Per la società dello spettacolo Barbara Balzerani è solo l’icona guerrigliera di un conflitto civile che ha ferito la nostra nazione. Ventidue anni di carcere l’hanno inevitabilmente cambiata. Oggi scrive. Alcuni le vorrebbero negare questo suo diritto all’autobiografia. L’Italia ha abolito l’ergastolo ma cerca di rimediare con vedette più crudeli.
L’ultimo suo lavoro “Perché io, perché non tu” (Derive e approdi 12 euro) si conclude con un capitolo dedicato ad Aliano e Matera. Sono pagine mirabili da un punto di vista della parola e del racconto. La vertigine del Sacro trasuda dalla pagina. La guerrigliera che aveva letto le pagine di Levi in esilio non segue la condizione del condannato. Guarda quel paesaggio e attualizza il leviamo verso un nuovo meridiano straordinariamente legato al secolo che viviamo. Un incantamento da stordimento. Le polemiche quotidiane, giuste e sacrosante, a mio parere trovano un nuovo grimaldello. Matera abitata da fuggiaschi di altre epoche e latitudini. Professorini e pittori che si nascondono nelle viscere del tufo. Rocce secolari e architetture immemori disegnano quel paesaggio che spesso non riusciamo a guardare nel nostro quotidiano.Lo straniero ama Matera. Spesso decide di fermarsi. Perché il quel posto si aprono porte sconosciute alla percezione metropolitana della globalizzazione. E’ pasoliniana Matera. Ma è anche di Visconti. Come Aliano è stata guardata da Francesco Rosi, discepolo viscontiano. Oggi Matera rischia di essere hollivudiana. Ma resta una città che parla al cuore. All’autrice ha evocato sentimenti antichi. Lame di rimorso. Sono state evocate in una recente presentazione materana molto bella e partecipata. Queste pagine ci parlano. Perché anche i lucani vogliono essere parlati.

Paride Leporace

Non somigliano a niente quei colori…

A volte capitano. Capitano occasioni in cui si riconosce qualcosa di essenziale dell’impasto di cui si è fatti. Come partire per un viaggio e trovarsi a percorrere un territorio dell’anima. Adesso so quali sono i suoi colori, le sue dolcezze e le sue asperità. Avevo letto le pagine dell’esilio di Carlo Levi. Pensavo di sapere ma solo quando i miei occhi si sono posati ho capito. Come il carcere, come l’amore, come un odore, quei luoghi non si fanno descrivere se non per similitudine, come racconto del farsi della vita che passo passo scopre l’ordito di una trama fino a ricomporre il disegno di origine. Guardavo. In un inedito capitolo del racconto geografico, quella terra mi mostrava la sua intimità. Non somigliavano a niente quei colori, quelle rughe delle coste dei monti, quella solitudine. Chilometri di allegoria del cammino umano. Lo stomaco stretto, il residuo di fiato non sufficiente per pronunciare parole. Quasi un dolore per quel messaggio vitale allo stato puro nell’impossibilità di guardare altrove, con la gratitudine di ogni cosa rivelata. Tutto rimasto uguale dall’inizio dei giorni. L’umano là non ha trasformato e piegato ai suoi tempi. Solo il lento lavorio della pioggia, del vento, del sole a smussare, a spandere colori nuovi, nelle macchie più scure su toni di giallo mai visti. Una terra nella padronanza di sé che racconta una storia mostrando la faccia segnata, affatto banale, autentica. Nel silenzio di parole, tutto là ha voce. Parlano le crepe profonde delle gravine che ti afferrano il cuore e non lasciano la presa finché non tocchi il fondo. E i vecchi paesi incastrati nella pietra sulle cime dei monti a difesa di antiche genti assediate. E’ successo anche altrove. Ma solo là gli umani hanno chiesto ospitalità alla roccia, si sono adattati ai suoi spazi lasciandola respirare, in un abbraccio di vita comune. Le case, le strade, le piazze, i luoghi di culto confusi con le sporgenze e le cavità della pietra, come se neanche un sasso fosse stato spostato staccato. In cima, ancora montagna, con la testa intatta sopra le costruzioni a ribadire il primato del durevole sulla fugacità della storia. E parlano i suoni del vento sulla pianura coltivata che nessuno abita. I vecchi paesi là non si distinguono in alto e basso. Sono rimasti dov’erano, non sono scesi. E’ stato in un giorno di tempo incerto che ho visitato i luogo che ancora racconta del passaggio del suo più famoso confinato. Nel percorso di andata la strada si è inoltrata tra i sinuosi calanchi, giganti di argilla dorata, dalle morbide forme arrotondate. Li avevo già visti da lontano. Adesso ci passavo in mezzo, quasi a poterli toccare quei signori di un altro mondo, plasmati da un vento caldo e carezzevole. Se la natura si è data i suoi altari, quello è uno dei luoghi dove si può essere presi dalla vertigine del sacro. Poi la segnalazione del paese. Si arriva da un’unica strada arrampicata lungo tornanti che lasciano intravedere squarci sempre diversi. Una scenografia che si impreziosisce a ogni curva per preparare lo spettatore al gran finale. Ma non si può essere preparati per concepire possibile quello che si vede all’arrivo. Chi per primo si è rifugiato lassù ne avrà avvertito la presenza, prima ancora di vederla. Ed eccola, la gravina che delimita la costa del monte e le prime case. Il paese è poggiato su una lingua di falsopiano che sale e scende e segue le curve della profonda bocca di roccia. La strada principale gli corre a fianco. Nella sua magnificenza è come se la gola avesse teso il palmo della mano per accogliere i primi abitanti del luogo. Sta lì, intatta nella sua inaccessibilità a due passi dalle case che si sono adattate al suo profondo, a misura di un tempo arreso allo scorrere di una vita come trattenuta. L’umidità crea un velo di condensa che ne copre le pareti. Il vapore parte dalla parte alta e degrada fino all’orlo che fa d’appoggio alla strada. In trasparenza, le sue morbide volute. Come il sipario chiuso prima di una rappresentazione quaresimale. Forse per il brutto tempo c’è silenzio. O forse chissà. Poche persone in giro. Davanti alle vecchie case di pietra solo anziani, donne soprattutto. …Buongiorno…Buongiorno.., con crescente imbarazzo per l’invasione della loro quotidianità. Guardano appena, per quanto possono interessare degli estranei che in mezz’ora hanno già esaurito la visita, se ne vanno e racconteranno di aver visto la casa dove è vissuto Carlo Levi. Ormai piove ma proseguo perché in quei dislivelli del terreno pezzi di paese mi sono apparsi come appesi a mezz’aria. Bisogna inoltrarsi per capire la ragione di quel effetto ottico. Pochi passi per raggiungere l’altro fianco e scoprire i bordi di una seconda gravina. Più su tutto, la strada, le case, l’appoggio della terra finiscono nel vuoto. Un paese sospeso. Se non avessi incontrato quegli sguardi pazienti e le tracce evidenti della fatica umana, avrei potuto pensare alla suggestione di qualche leggenda contadina, di quelle che alleggeriscono la mente e confondono il linguaggio e le corrispondenze dei sensi. Le sole capaci di dare significato all’ostinazione di esistere in tanta indecisione. Ma già sapevo che niente di quello che avevo visto mi sarebbe stato leggero da portare, per quanta forza liberasse quella atmosfera incantata. Nella parte bassa trovo gli edifici dedicati alla memoria di Carlo Levi. Moderni, curati, fuori contesto, più a beneficio dei turisti che del racconto della terra dove non è mai arrivato né Cristo, né il tempo, né la speranza. Scendo a valle scontando il disagio per aver violato l’intimità del luogo con la mia estraneità senza licenza. Porto via il mio ingombro dagli occhi senza curiosità dei pochi abitanti del paese, diventati oggetto di interesse solo perché in quel nido di aquile c’è stata deportata una persona famosa. ..E’ bella, mi avevano detto, se vai laggiù devi andarci a Matera. Ai vecchi abitanti hanno costruito case vere e i Sassi sono diventati un museo a cielo aperto… Sono andata, con animo impaziente come si va a un appuntamento di vecchia data. Prima di entrare nel suo cuore antico la città offre bellezza e storia narrata sulle facciate di cattedrali e palazzi. Di più, di meno che in altri luoghi di ricchezza di forme dell’arte. Poi un’apertura delle mura accanto a una porta di accesso alla parte più vecchia offre la visuale a qualcosa di insolito. Lo sguardo sprofonda nel lembo iniziale di un’enorme gravina che gira più in basso. Se ne vede il fondo con le pozze appena accennate di un torrente asciutto. La costa di fronte è brulla, punteggiata di bianco di roccia viva e di nero delle tante bocche delle grotte. Qualcosa nella percezione comincia a cambiare. Dalla porta si entra e edifici possenti ancora confondono e sviano l’attenzione. La città tarda a mostrare quello che contiene il suo ventre. Poi, dopo il Purgatorio, la chiesa consacrata alla morte, accanto al moderno Museo, un muretto a parapetto cinge la strada. Un affaccio imprudente. Di sotto il groviglio dei Sassi, uno sulla testa dell’altro, accecanti nella luce impietosa, dominati da un roccione e una croce. Non ha senso quello che vedo. Non è un’immagine reale, è uno spasimo delle viscere, uno scherzo della mente. Appare inavvertita senza risparmio di particolari, a tramortire, come visione del vero. Cos’è? Vaga nel cervello alla ricerca di un codice che sappia nominare, infine entra nella parte più antica e si posa a combaciare sull’impronta giusta. In bocca sale il sapore della pena di vivere per i paganti il pedaggio di tutti. Comincio a riconoscere. La città mi parla ed è anche di me che dice. Sono dunque arrivata dove sarei dovuta tornare da tanto tempo? Come pensavo di sapere da così lontano? Avrei detto di non averla mai vista, eppure somiglia a mia madre, alla fatica che ho respirato dentro di lei, agli scatti di amor proprio ferito, al travaglio con cui mi ha dato la vita. Somiglia a quello che, dal primo sguardo posato, per me sarebbe stato il modo di guardare il mondo. Nei momenti di maggior sfinitezza un’eco mi aveva sempre portato nell’aria questo stesso sapore di antica pazienza, di ingiustizia senza rimedio, di sorte matrigna. Quella che colpisce senza ragione, né malevolenza, solo perché in un mondo dispari a qualcuno deve toccare. Perché proprio a loro? Guardo e gli occhi sovrappongono immagini di ricordi che non pensavo di avere. Eppure già sapevo com’era quando nessuno veniva qui in visita. Riconosco in quei pertugi presenze di un’umanità offesa tanto da farsi lichene che trattiene il respiro sulla nuda roccia. Il muoversi guardingo di figure smagrite, come raccolte a difesa, vestite di scuro, gli occhi smarriti. Come quando la sopravvivenza, anche a fiato ridotto, è un niente e un buco nella roccia si fa tana all’apertura di caccia. La giovane guida ci indica i luoghi di culto rupestri, il sistema domestico di drenaggio dell’acqua, le mangiatoie, le rimesse dei prodotti, il ricovero degli animali, quello di intere famiglie. Tutto e tutti insieme, nel cavernoso ventre di pietra. Disfacimento ai margini della modernità di una antica civiltà contadina troppo ammutolita per dare cenni di sé ma anche troppo disincantata per fornire alibi a chi non poteva non sentirne il lamento. …Adesso vengono anche gli americani e vogliono visitare il monte della passione di Nostro Signore. L’hanno visto in un loro film girato da queste parti ed è difficile convincerli che qui Cristo non è venuto ad alleviare il peso di qualche croce… La visita si ferma davanti alle transenne della parte ancora inagibile. Bisogna andare al di là della gravina per vedere tutto. Si sale la collina di fronte. Poi si scende lungo un’altura che degrada tra rocce bucate a caverne e una vegetazione brulla. La città antica è là, in tutta la sua estensione appoggiata al bordo della voragine. Il vento adesso è più forte o forse è altro il motivo del freddo che sento. Inimmaginabile una simile crudele bellezza, come solo l’umano patire può suggerire agli occhi del cuore. Da lassù sono a vista anche i tuguri della parte più bassa della città, fin all’ultimo anfratto prima del declinare del monte nel precipizio. La parte più povera, rimasta com’era. Non è miseria. E’ il nulla, una colpa, un castigo. E’ l’altro da tutto, da distogliere lo sguardo per non lasciarci la ragione. E’ una lama di rimorso oltre tutto il tempo a venire. E’ uno di quei luoghi al mondo in cui diventare grandi è l’unica realizzazione concessa ai sopravvissuti.

Barbara Balzerani

14 risposte a “Barbara Balzerani e Matera. Per riflettere…

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  3. Scrive molto bene la Signora Balzerani,quello che le viene riconosciuto ”la riabilitazione” come persona ed essere umano
    è garantita da un ”COSTITUZIONE” alla quale ella si ribellava
    ne ha fatto oggetto di rivoluzione.
    RIFLETTA ANCHE AL DOLORE CAUSATO ALLA FAMIGLIA DEL PRESIDENTE MORO ED ALLA SUA FAMIGLIA. ALLA FAMIGLIA DEL MARESCIALLO LEONARDI
    ED ALL E FAMIGLIE DELLA SCORTA.
    HA COMBATTUTO PER UN IDEALE DI PROLETARIATO, DI UGUAGLIANZA DI
    RISPETTO CHE LE ARRIVAVA DALLA CULTURA MARXISTA LENINISTA CHE HA
    CAUSATO NEI PAESI DOVE IL COMUNISMO REALE ERA L’UNICA BIBBIA, SOLO MORTE, DISTRUZIONE IMPOVERIMENTO DELLA CLASSE OPERAIA E PROLETARIA.

    MICHELE VITARELLA

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  4. SIGNORA BALZERANI, LEI NON HA VERAMENTE NULLA A CHE FARE CON IL
    DOTTOR CARLO LEVI, MEDICO, SCRITTORE ETC.
    LA DIFFERENZA TRA IL DOTTOR LEVI E LEI E’ NOTEVOLE.
    INVIATO AL CONFINO POLITICO IN LUCANIA PER ATTIVITA’ ANTIFASCISTA
    INGIUSTAMENTE, HA SAPUTO COMUNQUE CON STRUMENTI DI CULTURA,
    ESPRIMENDO IL SUO PENSIERO, HA CONTESTATO UN REGIME
    TOTALITARIO, VERAMENTE TOTALITARIO.
    LEI INVECE SIGNORA BALZERANI CON I SUOI COMPAGNI E LA SUA LOTTA
    ARMATA HA CONTESTATO, DISAPPROVATO NON CON LA PAROLA O CON IL
    PENSIERO, NON UN REGIME, MA UNA GIOVANE DEMOCRAZIA, CON LA LOTTA
    ARMATA. VOLEVA IMPORRE UN IDEALE ALTRETTANTO ”TOTALITARIO”
    IL COMUNISMO LENINISTA MARXISTA.
    LEI, I SUOI LIBRI DOVEVA SCRIVERLI PRIMA NON DOPO.
    COMUNQUE NON CONTESTO LA SUA LIBERTA’ DOPO AVER SCONTATO SOLI 21
    ANNI RISPETTO AI 3 ERGASTOLI, CONTESTO IL FATTO CHE LE CONCEDONO
    DI ESPRIMERE IL PROPRIO PENSIERO CON PAROLE E SCRITTO, LIBERTA’
    COSTITUZIONALE GARANTITA NON ALLE PERSONE COME LEI CHE AVEVANO
    COME OBBIETTIVO ”IL SOVVERTIRE L’ORDINE DEMOCRATICO”.

    CORDIALMENTE MICHELE VITARELLA

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  5. Anche oggi Signora Balzerani ho voglia di esprimere il mio
    pensiero liberamente e le scrivo:

    Perchè lei e la sua ”colonna” siete tornati nella Società?
    Perchè, Costituzionalmente lo scopo della detenzione è il rein-
    serimento nella società del condannato.

    Lei come comunista è atea, oppure i 21 anni di carcere, hanno
    anche fatto il miracolo di trasformarla in una credente?
    Le scrivo questo, Balzerani, per ricordarle che il nostro
    ordinamento giuridico ha radici anche Cristiane, di rispetto dei
    diritti e della dignità umana.DIGNITA’ UMANA CHE LEI PLURIOMI
    -MICIDA ha calpestato, quando a Genova ha assassinato Cara
    -binieri, esseri umani, uomini di Stato. Ha esercitato il potere
    che solo Dio ha, dare e togliere la vita.

    Si fermi innanzi ad un Crocifisso e se è diventata Credente
    facendosi il segno della croce, rifletta, di rosso in quello
    che avete fatto c’è solo il sangue, di tutte le vittime delle
    vostre BR.

    Inserisca anche me nella lista delle persone da eliminare come
    ha fatto con tanti altri che avevano pensiero e punto di vista
    diversi dal vostro.

    Michele Vitarella

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  6. Ho anche provato ad immaginare cosa sarebbe accaduto nell’Italia
    invasa da un’Armata Rossa con il vostro aiuto e contributo.
    IL PAESE PIU’ CATTOLICO DELLA TERRA,DOVE VIVE IL SUCCESSORE DI
    SAN PIETRO, DOVE IN TANTI PICCOLI PAESINI DEL BEL PAESE SI
    FESTEGGIA IL SANTO PROTETTORE, DOVE IL PARRROCO E’ PUNTO DI
    RIFERIMENTO DELLA COMUNITA’CHE CONSEGNA I SACRAMENTI AI PARROC
    -CHIANI DAL BATTESIMO ALL’ESTREMA UNZIONE; DI COLPO GLI ITALIANI
    SI SAREBBERO SVEGLIATI E COME NELLA RUSSIA(DOVE I BOLSCEVICHI
    CACCIANO E UCCIDONO GLI ZAR) AVREBBERO TIRATO VIA LE CROCI DAI
    CAMPANILI, AVREBBERO IMPOSTO IL DIVIETO DEL SEGNO DELLA CROCE
    E INIZIANDO A ROMA CON ”SUA SANTITA”’ AVREBBERO FATTO CARNEFICINA
    DI SACERDOTI, SUORE E MONACI E DI TANTI CREDENTI.
    SALENDO SUL Leggi’o LA COMPAGNA BALZARANI AVREBBE DETTO ANZICHè
    ”PAROLA DI DIO”, PAROLA DI MARX ”LA RELIGIONE E’ L’OPPIO DEI
    POPOLI”.
    COSI’ AVREBBERO RIDATO LA LIBERTA’ ALLA CLASSE OPERAIA E PROLE
    -TARIA IN ”ITALIA”?

    IL COMUNISMO E QUINDI L’ATEISMO SI ESPRIME ANCHE CON LA NEGAZIO
    -NE DELLA SPIRITUALITA’ UMANA, CONSIDERANDO L’UOMO UN ANIMALE
    UNA MACCHINA. CARA BALZERANI ”IL PENSIERO UMANO” E’ L’ESPRES
    -SIONE ED IL PRODOTTO DELLA SUA ESSENZA SPIRITUALE, SIAMO ANIME CON UN CORPO.

    NELLA CITTA’ DOVE SONO NATO E NELLA REGIONE ”LA LUCANIA” LE PERSONE SONO LIBERE DI AVERE IDEE DI ”SINISTRA” MA NON SONO
    ASSASSINI E BOIA DI PILITICI, MILITARI, POLIZIOTTI E MAGISTRATI.
    Sono persone semplici, sane ed oneste, dove persone come lei
    non raccoglieranno consensi politici o di altro genere.

    Michele Vitarella

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  7. LE VOGLIO RACCONTARE ANCHE LA STORIA DI UN MIO CONCITTADINO
    DEL QUALE NON CONDIVIDO LE SUE IDEE POLITICHE, MA STIMO LA SUA
    COERENZA, SI TRATTA DI ”DOMENICO GIANNACE”COMUNISTA CHE DA ANNI
    SEGUENDO UN SUO IDEALE SEGUE I CONTADINI, LOTTA PER I DIRITTI DEI
    PIU’ DEBOLI, IN PAESE E’ CONSIDERATO UN AUTENTICO ”EROE” CHE
    HA AIUTATO TANTI CONFINATI POLITICI DURANTE IL FASCISMO.
    IL SIGNOR GIANNACE ”COMPAGNO”, NON HA ”PRATICATO LA
    LOTTA ARMATA”, HA UTILIZZATO LE LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E PEN
    -SIERO, E’ UN LAVORATORE UMILE, COME TANTI LUCANI, ONESTO.
    PROBABILMENTE HA SUBITO LA CARCERAZIONE INGIUSTAMENTE.
    IL SIGNOR DOMENICO GIANNACE PERO’ E’ UNA PERSONA RISPETTABILISSIMA.

    MICHELE VITARELLA

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  8. Buongiorno Signora Balzerani.

    Sembra quasi Poesia, quello che lei
    scrive sul Dott. Levi, sui Lucani.
    LEI PERO’ E’ UN EX TERRORISTA PROVATA
    -MENTE SANGUINARIA IN NOME DI UN
    COMUNISMO LENINISTA MARXISTA.
    PLATONE, ARISTOTELE, SOCRATE PER ANNI
    HANNO CERCATO DI COMPRENDERE IL SOGGETTO
    SEL ”BENE E DEL MALE” DI CIO’ CHE E’
    GIUSTO E DI CIO’ CHE E’ SBAGLIATO.
    HA MAI RIFLETTUTO SULLE CONSEGUENZE
    DELLE AZIONI ”DELIBERATAMENTE CRIMINALI
    VIOLENTE” NEI CONFRONTI DEL PROSSIMO?
    TUTTO E’ MIGLIORABILE, L’ORGANIZZAZIONE
    DELLO STATO, IL MIGLIORARE LE REGOLE CHE
    GARANTISCONO UNA PACIFICA CONVIVENZA,
    I DIRITTI DEI LAVORATORI, DEGLI OPERAI
    E DI TUTTI QUELLI CHE CHIAMATE PROLETA
    -RI.
    CON MEZZI PACIFICI, CON IL DIBATTITO
    PARLAMENTARE, CON IL CONFRONTO POLITICO
    RISPETTOSO. MEZZI QUESTI SIGNORA BALZA
    -RANI CHE SONO GARANTITI DA UNA COSTI
    -TUZIONE REPUBBLICANA CHE HA ORIGINI
    DA UN’ASSEMBLEA COSTITUENTE DELLA QUALE
    FACEVANO PARTE ANCHE ”COmunISTI E
    SOCIALISTI”.
    E’ NELLE VOSTRE IDEE RIVOLUZIONARIE
    MAL INTERPRETATE CHE SI RIFANNO A MARX
    E ALLA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE NELLE
    QUALI RICOSCO LA RADICE MALIGNA E MALVA
    -GIA NELL’ARROGARSI POTERE IN NOME
    DI UN POPOLO RESO POI SCHIAVO DALLA
    TIRANNIA COMUNISTA, POPOLO PORTATO ALLA
    FAME E ALLA SCHIAVITU’.

    Michele Vitarella CITTADINO ITALIANO

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  9. Signora Balzarani ha ma sentito parlare
    di ”Regola Aurea” i Cristiani la considerano Cristiana sul Vecchio e Nuovo
    Testamento, molte razze e popoli ne hanno parlato. Si trova anche sui dialoghi di Confucio(5°sec A.C.)lui stesso le citava da opere più antiche.
    Questa regola si trova anche in alcune tribù ”PRIMITIVE”.
    ”NON FARE AGLI ALTRI CIO’ CHE NON
    VORRESTI CHE ALTRI FACESSERO A TE”.

    Rifletta anche su questo,se qualcuno avesse teso un’agguato a lei e la sua famiglia sterminandola, cosa penserebbe?
    Ad un membro della sua famiglia? MI RISPONDA.
    Se lei uscisse per lavorare, per uno stipendio e qualcuno la lasciasse nel sangue, senza vita in nome di non so’ che cosa, le piacerebbe essere al posto
    di figli e moglie di quelle persone?

    LA REGOLA AUREA APPARE ANCHE NELLE OPERE ANTICHE DI PLATONE, ARISTOTELE, ISOCRATE E SENECA. PER MIGLIAIA DI ANNI L’UOMO L’HA CONSIDERATA UN MODELLO DI CONDOTTA,
    CHE HA CHE FARE CON RAGIONE E MORALITA’.

    Michele Vitarella

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    • PREGO ROSARIO, LA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI OPINIONE ESISTE PER
      QUESTO NEL NOSTRO PAESE.
      AIUTA A CAPIRE ANCHE ”CHI PENSA
      COME LA SIGNORA BALZERANI”,
      BRIGATISTA ROSSA CHE HA COMMESSO
      GRAVI REATI OMICIDIO, SEQUESTRO DI PERSONA E ALTRO.

      MICHELE VITARELLA

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    • BUONGIORNO, ROSARIO. SE LEI E’ IL ROSARIO CHE PENSO IO (PADRE ROSARIO) PRIMA DI LEGGERE I SUOI LIBRI FAREBBE GBENE A CONFESSARLA.

      MICHELE VITARELLA

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  10. SIGNORA BALZERANI MI PIACEREBBE FARLE
    UN REGALO VERAMENTE ”PROLETARIO”.

    LA ZAPPA DEL MIO PAPA’.

    PER ANNI MI HA SFAMATO, MI CAPITA
    QUANDO TORNO A MARCONIA DI GUARDARLA
    E CHIEDERMI:”CHI PIU’ PROLETARIA DI
    DI TE”,COMPAGNA DI UNA VITA PER MIO
    PADRE, COME LA MIA MAMMA, PROLETARIA
    ANCHE LEI. E’ IMMOBILE, CON LA LAMA
    LUCIDA, FIERA ”LA ZAPPA”.
    VENGA A PROVARLA NELLE FERTILI PIANURE
    MENTAPONTINE ABBONDANTI DI COLTIVAZIONI
    AGRICOLE(COME SI PROVA UNA ”FERRARI”
    INSIGNIFICANTE STRUMENTO CAPITALISTA).
    DI ”NERO” NEL METAPONTINO E IN LUCANIA
    HANNO IL SALARIO DEI BRACCIANTI, OPERAI
    E MANOVALI.

    COSA VUOLE DI PIU’ DALLA VITA?
    NATURALMENTE

    UN LUCANO MICHELE VITARELLA

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